La signora Vittoria Falconi si è decisa a chiamare «Il Giornale» quando un custode del cimitero Maggiore le ha detto: «Vuole trovare qualcuno che l'ascolti? Chiami il Giornale o il Gabibbo». La storia della signora Falconi concerne il colombaio del cimitero che si raggiunge dalla seconda porta di via Barzaghi. Da tre mesi, con bello o cattivo tempo, scende acqua nel colombaio come se piovesse e nessuno ha trovato un sistema per porre fine a questa inciviltà.
«Il Comune, vista la quantità d'acqua che scende dal primo piano del colombaio, una doccia continua che si riversa in un rivolo anche sulla strada, una soluzione l'ha escogitata: ha transennato il tratto interessato. Risultato? Una settantina di tombe che non si possono raggiungere neppure per mettere un fiore. Io sposto le transenne a mio rischio e pericolo, perché lì sono sepolti mia madre, mio padre e mio fratello» racconta Vittoria Falconi, che raccoglie le proteste anche di altri congiunti.
Da dove viene l'acqua? E' un mistero, ma di certo è un segno che parla dello stato d'abbandono in cui versa quella che dovrebbe essere la casa più curata in quanto ultima dimora di tutti noi, un segno che denuncia una macchia oscura della nostra civiltà: la dimenticanza a cui condanniamo i nostri defunti, la trascuratezza in cui versa il culto della morte. «Ho preso informazioni. Un tempo al primo piano c'erano dei bagni che negli anni sono caduti in disuso, inoltre c'erano anche dei rubinetti che ora non esistono più. Probabilmente si tratta di vecchie tubature che perdono. Sono trascorsi tre mesi, non un giorno, da quando il danno è iniziato e nessuno ha provveduto a tamponare questa vergogna. Non mi vergogno di parlare: qualcun altro deve arrossire per come luoghi di culto e storici vengono trattati. E noi dobbiamo sopportare, ma quando si tratta di pagare le tasse nessuno ci fa una deroga di tre mesi».
La signora Vittoria Falconi, 75 anni, è protagonista anche di una vicenda che potrebbe essere dedicata a qualche giovane, affinché cresca nel rispetto di un culto che insegna la bellezza del passaggio di una staffetta da una generazione all'altra. Vicino alle tombe dei Falconi è sepolto un signore brasiliano. «Un giorno mio padre e io venimmo a pregare sulla tomba di mia madre - racconta -. Trovammo un donna che piangeva, perché un suo parente era morto a Milano e ha voluto essere sepolto qui. Chi penserà a lui? Si chiedeva, e mio padre le promise che ci avremmo pensato noi».
L'anno scorso il contratto del loculo scadde e i resti dell'uomo nato in Brasile stavano per essere gettati. «Mi ricordai della promessa che mio padre fece a quella donna e ho pagato il loculo per altri trent'anni. Meglio un paio di scarpe in meno, ma che viva una tomba che parla di una vita».
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