Milano, 30enne in fin di vita Era sepolto vivo in un box

Il giovane era in stato di semincoscienza fra rifiuti ed escrementi. Si indaga sulla sua storia GUARDA LE FOTO

Milano, 30enne in fin di vita Era sepolto vivo in un box

Qualche giorno ancora e sarebbe sicuramente morto di stenti dentro quel box. Per sua fortuna qualcuno ha sentito una puzza «da cadavere» e ha avvertito i vigili di quartiere che hanno fatto saltare la serratura, trovandolo privo di sensi su una branda. Attorno una sporcizia indescrivibile tra alimenti in putrefazione e escrementi e quant’altro. Tanto che è intervenuta l’Als per una disinfestazione radicale. Da accertare adesso come e perché quell’uomo sia finito dentro, se autorecluso o sequestrato da qualcuno.
Via Imperia 24, una tranquilla traversa di via Spezia, finore era entrata una sola volta nella cronaca nera, esattamente nel novembre 2010 per un maldestro tentativo di rapina in una ditta di pellami al 19, conclusa con il ferimento del dipendente. Qualche metro più in là al 24, una palazzina azzurra a sette piani con i garage nel seminterrato. Qui dentro, in uno dei box ha vissuto quasi da sepolto vivo almeno per un mese Luca C., 30 anni, piccoli precedenti per reati contro il patrimonio. Di lui, oltre al modesto curriculum criminale, si sa solo ha abitato con una fidanzata a Lacchiarella. Poi più nulla, fino a quando appunto alcuni residenti del 24 fermano un paio di vigili di quartiere raccontando della puzza «da cadavere» proveniente da un box.
Intervengono i vigili del fuoco che forzano la serratura e aprono il basculante. Per poi fare un passo indietro dalla puzza terribile. Dentro un uomo disteso su una branda tra carabattole, rifiuti, avanzi di cibo ed escrementi. Semicosciente e in precarie condizioni, finisce diritto al San Paolo. «I medici ci hanno detto che pochi giorni ancora e sarebbe morto» spiega Tullio Mastrangelo, capo dei ghisa milanesi. Viene fatto un rapido inventario in fondo, addossate alla parete un paio di cassettiere sgangherate da cui pendono stracci, vestiti e coperte, con sopra un vecchio televisore e una bicicletta. Poi un grosso scatole di cartone pieno di cianfrusaglie da sembrare sul punto di esplodere, a fianco la lurida branda e una sedia sfondata. E poi ancora un paio di grossi trolley vuoti, un borsone apparentemente pieno di abiti e infine e a terra un telefono cellulare. Scene di una quotidianità di disagio, sociale e forse mentale. Per tenere sotto controllo eventuali focolai di infezione viene fatta intervenire la Als che pulisce quel che può e passa sul resto una bella spruzzata disinfettante.
Vengono avviati i controlli, il box appartiene a un signore di Rovello Porro, che cade dalle nuvole: «Quel garage è vuoto e sfitto da diversi mesi. Non so chi sia quell’individuo rinchiuso là dentro». Gli investigatori cercano di capire se qualcuno abbia costretto l’uomo in quelle condizioni ma dovranno attendere che Luca C. si riprenda e possa raccontare la sua storia. Di sicuro il garage era chiuso a chiave ma la serratura poteva scattare anche dall’interno. Difficile quindi ipotizzare il sequestro di persona, che non può tuttavia essere escluso a priori.

Serratura a parte poi il «segregato» avrebbe potuto in qualsiasi momento gridare e attirare l’attenzione dei residenti quando scendevano a prendere le loro auto. Più facile immaginare un uomo in fuga, da qualcuno o forse semplicemente da se stesso, che aveva trovato in quel box un rifugio dalle sue paure. Talmente sicuro da poter anche decidere di morirci dentro.

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