Monumentale, una guida ai tesori della Piccola Città

Antonio Bozzo

«La vita è il lato di fuori della morte», oppure «la morte è la curva della strada, morire è solo non essere visto». Sono due pensieri di Fernando Pessoa, poeta che avrebbe passeggiato volentieri tra lapidi e tombe del Monumentale. Un luogo dove però le convinzioni di Pessoa, e ancor di più le rimozioni modernissime, verrebbero messe a dura prova: il cimitero è uno spettacolo di vite terminate che continuano, dai marmi e dai bronzi, ad affacciarsi verso i visitatori e a raccontare furori ormai spenti, amori un tempo vividi, menzogne, glorie imperiture. Sarà forse anche per questo, e per la quiete che permette di apprezzare grandi opere d'arte, che il Monumentale, inaugurato 150 anni fa, è una delle più frequentate mete turistiche di Milano. «Un museo a cielo aperto» meritevole di una guida e di un volume che ne spieghi la storia nei dettagli, sconosciuti anche ai milanesi. I due libri, editi da Jaca Book, esistono: sono stati scritti da Carla De Bernardi e Lalla Fumagalli, dell'associazione «Amici del Monumentale». Le autrici li presentano stasera alle ore 18 alla Libreria Bocca in Galleria Vittorio Emanuele. De Bernardi, fotografa, documenta il grande cimitero con immagini in bianco e nero di cappelle, gruppi scultorei, edicole, monumenti, urne, maschere dolorose, gallerie, viali. Fumagalli, ex manager, lo racconta angolo per angolo, croce dopo croce. «La piccola città», si intitola il volume maggiore, ed è proprio un'altra Milano - pur in «corrispondenza di amorosi sensi», direbbe il Foscolo, con la città dei vivi - che si scopre varcando l'ingresso, oggi lambito da un quartiere di «movida» e raggiunto dalla linea 5 del metrò. «Il neoromanico lombardo-veneto», ossia lo stile del luogo secondo Vittorio Gregotti, è una raccolta di opere firmate da artisti importanti. Dai più recenti Arnaldo Pomodoro, Kengiro Azuma e Alik Cavaliere, al liberty di Ulisse Stacchini (che firmò la Stazione Centrale, in stile assiro-milanese), a Gio Ponti e Piero Portaluppi, Lucio Fontana e Giacomo Manzù, Fausto Melotti e Adolfo Wildt. C'è da perdere la testa a seguire le tracce dell'architettura e dell'arte applicate al ricordo dei morti, milanesi che sceglievano il meglio anche per la dimora definiva. Il Monumentale, aperto nel 1866 e progettato da Carlo Maciachini, ha il Famedio, dove sono i sepolcri degli illustri (uomini e donne) che hanno fatto grande Milano.

Filosofi, scrittori e poeti come Alessandro Manzoni, Salvatore Quasimodo e Alda Merini, economisti, nomi dello spettacolo come Gino Bramieri e Giorgio Gaber, fotografi come Gabriele Basilico, politici, pittori e numerosi altri ai quali ogni tanto è bene portare un fiore. I due libri si possono leggere con vantaggio anche senza mettere piede al Monumentale: sarà come aver passeggiato tra marmi e bronzi, vista la completezza dell'opera, informatissima ma non noiosa.

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