Moschea, lotta a tre per il Palasharp

Il Caim, il Centro islamico di Segrate e quello di Milano si contendono l'area di Lampugnano

Moschea, lotta a tre per il Palasharp

L'imam di Segrate, Abdul Rahmam, originario di Fiume e in Italia dall'11 giugno del 1940, immagina nei giardini di fronte alla moschea «da 600 posti, con minareto, spazi di lettura e servizi per i fedeli», un «laghetto con i cigni: avete presente Milano 2?». E stride un pò il rimando proprio al quartiere residenziale berlusconiano, quando il centrodestra sta alzando barricate contro il bando per le moschee lanciato dal Comune. Ieri la Commissione di valutazione presieduta da Claudio Minoia ha aperto a due mesi dalla consegna scadenza le 7 offerte. Sette proponenti per nove progetti, tre per ciascuna delle aree messe all'asta: l'ex Palasharp, il terreno di 3.400 metri quadri in via Marignano e gli ex bagni pubblici di via Esterle (zona via Padova). E proprio il Centro islamico di Milano e Lombardia che già gestisce la moschea di Segrate concorre per tutte le aree. Contando però che uno stesso culto non potrà aggiudicarsi più di due spazi, è quasi scontato che per via Marignano la scelta cadrà su una delle altre proposte: quella presentata dal Centro cristiano evangelico o dalla chiesa Shalom Gospel Church, chiesa della comunità dello Sri Lanka, ammessa però con riserva. Tutte di comunità islamiche le altre 6 buste, tre per via Sant'Elia e tre per via Esterle. La maggiore attenzione si concentra ovviamente sulla prima. L'aggiudicatario dovrà farsi carico anche di abbattere il tendone e bonificare il terreno per restituirlo a verde al Comune. La moschea sorgerà dietro il giardino ed è una gara tra gli imam ad allontanare l'immagine dai luoghi tradizionali di preghiera islamica, quasi a rassicurare i milanesi della zona (e non solo) che hanno raccolto firme e minacciano ricorsi per bloccare il bando. «Non trasferiremo qui un pezzo di Medioriente - afferma Abdel Hamid Shaari, leader di viale Jenner -. Non sarà un corpo estraneo ma adatto alla città. Ci sarà più un simbolo che un vero minareto e la moschea sarà all'interno di un recinto “trasparente“, un grande patio. Costo dell'intervento : almeno 6 milioni, avremo sponsor» Tra dentro e fuori «potrà accogliere dai 1.200 ai 3mila fedeli. Ci sarà una mensa sociale al piano terra, la biblioteca, uffici. Nei disegni ne abbiamo già previsti una quota da mettere a disposizione del Caim, se vorrà». Già, il contestato centro di viale Jenner fa parte del Coordinamento delle associazioni islamiche milanesi ma si presenta con un progetto autonomo. Anche il Caim punta in primis sull'ex Palasharp con una cordata che fa capo all'Associazione islamica di Milano (in cui rientra anche la turca Milli Gorus). E pure il portavoce Davide Piccardo insiste sulla distanza rispetto alle moschee tradizionali. Nel progetto disegnato dall'archistar Italo Rota «c'è un riferimento fondamentale alle strutture delle origini, ma reinterpretate in un contesto moderno ed europeo, non sarà un corpo “alieno“». Niente a che vedere con cupola e minareto, Rota lo ha già descritto come un «grande giardino di luce», una struttura di vetro trasparente e senza divisioni nette per la preghiera tra donne e uomini. Al momento però il Caim, pur avendo consegnato il plico più corposo, è ammesso con riserva, dovrà integrare la documentazione.

Su via Esterle punta la super-favorita Casa della cultura islamica già presente di via Padova (Letizia Moratti assegno l'Ambrogino d'oro all'imam Mahmoud Asfa). Dovrà vedersela sempre con il centro di Segrate e con Bangladesh Cultural and Welfare Association, iscritta al Caim.

La commissione ieri si è limitata ad esaminare le buste amministrative (la parte burocratica), ora a porte chiuse aprirà le buste tecniche e valuterù i progetti. In pubblico, entro fine maggio, aprirà la terza busta di ogni plico, con le offerte economiche e procederà all'assegnazione provvisoria. Prima di quella definitiva, c'è da star certi, spunteranno i ricorsi.

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