Luca Fazzo
Fretta, una fretta furibonda che portava a saltare passaggi e procedure, perché Expo si avvicinava a grandi passi e il terrore di non essere pronti era palpabile. Così, dice la Procura generale di Milano, nel 2012 si arrivò persino a falsificare un verbale. E per questo Beppe Sala, allora commissario di Expo, oggi sindaco di Milano, deve essere processato.
La richiesta di rinvio a giudizio del sindaco era nell'aria da dieci mesi, quando il procuratore generale Felice Isnardi aveva avocato a sé l'inchiesta che la Procura della Repubblica aveva chiesto di archiviare: e quella sconfessione era suonata come l'ennesimo capitolo delle spaccature profonde che attraversano Palazzo di giustizia. Per mesi Isnardi ha scavato a lungo sugli anni passati da Sala alla guida di Expo e ieri ha tirato le somme: richiesta di rinvio a giudizio, il sindaco da ora è formalmente imputato. Come previsto, si chiude per ora nel silenzio e pure il suo difensore Salvatore Scuto tace. Ma la linea è già nota: Sala resta al suo posto, non si dimette, affronta il processo. Con la speranza, in realtà, che a un processo non si arrivi mai, perché si dovrà passare per il vaglio di una udienza preliminare e già in quella sede il giudice Giovanna Campanile potrebbe bocciare le tesi dell'accusa.
La notizia buona per Sala è che nella richiesta di rinvio a giudizio non c'è traccia dell'altro reato che gli veniva attribuito dalla Procura generale, la turbativa d'asta relativa anch'essa all'appalto per la piastra di Expo. A demolire questa accusa i legali di Sala avevano dedicato, e con una discreta efficacia, la parte più corposa della memoria difensiva presentata il 25 luglio scorso. Ora non viene annunciata ufficialmente una richiesta di archiviazione, ma è verosimile che l'esito sia questo: anche perché continuare a indagare non si può più, visto che i termini sono scaduti.
Resta l'accusa di falso, relativa al verbale con cui il 30 maggio 2012 vennero fatti sparire precipitosamente da un verbale di dodici giorni prima i nomi di due componenti della commissione d'appalto, Antonio Acerbo e Alessandro Molaioni che erano incompatibili con la carica. Di questa accusa Sala è quasi reo confesso (il verbale taroccato d'altronde gli venne recapitato direttamente a casa), ma nella sua memoria difensiva lo definisce «un delitto senza movente e senza vittima, ovvero inutile e innocuo».
Poiché Acerbo e Molaioni non avevano partecipato alla fase di valutazione delle offerte delle imprese concorrenti, la loro sbrigativa sostituzione non alterò in nulla la regolarità della gara d'appalto: questa, in sostanza, la linea del sindaco che però non spiega quale motivo spinse allora lui e il suo staff a realizzare la «interpolazione», come viene eufemisticamente definito il verbale falso. Vediamo come la penserà il giudice.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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