Cronaca locale

"Nel libro sui pellerossa quell'idea di aiutare chi ne ha più bisogno"

Il fondatore dei City Angels racconta come da Fratel Ettore sono nati i suoi «baschi blu»

"Nel libro sui pellerossa quell'idea di aiutare chi ne ha più bisogno"

«Fu un libro sulla conquista del West vista dalla parte dei pellerossa a farmi capire che il mio destino sarebbe stato quello di occuparmi degli esclusi, dei dimenticati degli oppressi. Avevo nove o dieci anni e tutto cominciò da lì». A raccontarlo è Mario Furlan fondatore dei City Angels, la notissima associazione di volontari nata a Milano e che ormai da anni quotidianamente si occupa di dare conforto e sostegno ai senzatetto. Furlan smuove mari e monti per trovare ciò che serve a chi non ha nulla. E la città risponde sempre convinta. Anzi, sempre più convinta man mano che passano gli anni e le iniziative organizzate dagli angeli con la giuba rossa e il basco azzurro.

Mario Furlan, Milano è davvero una città solidale?

«È la più solidale d'Italia, come si dice e confermo la nostra Milan col coeur in man. Noi City Angels operiamo in numerose città, da Lugano a Palermo, ma una città aperta, generosa e disponibile come Milano non l'ho mai vista. Quando qui lanciamo un appello per trovare coperte e sacchi a pelo, la risposta è immediata E la generosità è accompagnata da efficienza e operatività».

Una città ben organizzata dove la capacità organizzativa è tangibile, una città che dà e fa. Il massimo. Che differenza c'è tra chi si impegna come volontario e chi elargisce?

«Una differenza anagrafica, certamente non dettata dal ceto sociale: chi dona economicamente sono di solito le persone più anziane. Chi si impegna in prima persona, sulla strada, è più giovane ma di differente estrazione: dall'imprenditore al disoccupato, una generosità trasversale».

Quale il suo rapporto con il cibo?

«Più di nutrimento che di piacere, sono salutista. A volte, quando sono impegnato come spesso accade, mi dimentico di mangiare. Ho sempre con me uno zainetto nel quale tengo ciò che serve per sostentarmi: un thermos con acqua calda e zenzero oppure cannella, pratica ayurvedica che mi fa star bene e poi frutta fresca o secca. Quando invece sono più rilassato mi piace anche gustare qualche piatto dai sapori molto semplici: adoro la farinata di grano, piatto tipico ligure».

Come mai?

«Sono stato ad Albissola, in provincia di Savona, fino ai 18 anni e quando ci torno la mangio sempre».

Che infanzia ha avuto?

«Bella, serena, al mare. Fino alle medie ad Albissola e poi il liceo classico a Savona: il Gabriello Chiabrera, ero compagno di banco di Fabio Fazio».

Gli ha mai chiesto nulla per i City Angels?

«Una volta era il 1994 o 95 mi invitò a Quelli che il Calcio poi al suo matrimonio, sopra Borgio Verezzi, una bellissima chiesa, tante persone importanti da Vecchioni a Freccero, io ero il più sfigato. Poi ci siamo persi di vista».

Quando è scattata la volontà di dedicarsi agli altri?

«Credo di averne sempre avuto lo spirito, nel 73 abitavamo sopra Albissola, a due passi dal bosco, avevo nove anni e letto da poco quel libro dei pellerossa. Mi sentii subito schierato con quella minoranza da proteggere. Era nel mio Dna, mi succedeva anche verso gli animali del bosco, tanto che durante la stagione venatoria, distruggevo i capanni dei cacciatori. Un giorno uno di loro mi sorprese e mi prese a ceffoni. Decisi che sarei cresciuto stando dalla parte dei deboli».

E poi?

«A Milano arrivai dopo la maturità, vedevo i clochard in stazione Centrale e volevo fare qualcosa, incontrai Fratel Ettore e cominciai a fare volontariato».

Quando nascono i City Angels?

«Nel 94, li fondai per svolgere attività di sicurezza nella struttura di Fratel Ettore».

Da qui il look un po' militare?

«Dobbiamo essere e apparire forti e autorevoli per questo il basco blu, come quelli dell'Onu che fermano la violenza dove c'è. Un cappello da cuoco non darebbe la stessa immagine».

Il profumo dell'infanzia?

«Se parliamo di cibo, la farinata. E poi i profumi dei boschi dove andavo con mia mamma a raccogliere rosmarino, salvia, tarassaco, erbe di collina e i funghi. Anche i fichi, il mio frutto preferito».

A casa chi cucinava?

«Mia madre. Se voleva premiarmi era con un bel piatto di pasta al sugo. A volte però mi costringeva a mangiare i totani Fanno bene e non fare lo schizzinoso, quello che ti do devi mangiarlo, mi diceva. Quante volte li ho nascosti quei totani».

Qual è il valore del cibo nella realtà che lei segue? Immagino sia importante.

«Per i senzatetto il cibo è nutrimento e per me è un valore sacro, perché è vita. Per questo non sopporto lo spreco, non riesco a lasciare niente nel piatto».

Cosa le dà gioia?

«Quando vedo che mi rendo utile e capisco che la mia vita ha un senso. Ciascuno di noi ha una missione da compiere, la mia sono i City Angels e la mia vita professionale di formatore e motivatore. E allora quando qualcuno mi ringrazia, dicendomi che grazie ai miei corsi è cambiato e ha ritrovato la voglia di fare. Ecco questo mi rende felice».

Aiutare a superare le difficoltà?

«Un buon leader è innanzitutto un buon insegnante, capace di valorizzare qualità che non sapevi si avere».

Cucinare è un atto d'amore?

«Può esserlo, dipende dallo spirito con cui lo fai. Natale, Capodanno, l'Epifania sono occasioni in cui la tavola è il luogo per regalare una giornata speciale a chi non ha nulla».

Il piacere del condividere.

«L'etimologia della parola compagno, viene dallo spezzare il pane insieme. Per questo il pranzo di Natale o della Befana sono occasioni per riuscire a dare qualcosa in più e meglio del solito».

Occasioni importanti.

«La sera della vigilia di Natale gli ospiti dell'Oasi del clochard mangiano al ristorante grazie alla disponibilità dei proprietari. Il giorno di Natale con Daniela Javarone, madrina dei City Angels, organizziamo un pranzo per gli anziani soli, così come il cenone di Capodanno. Momenti di gioia, le persone si aprono, si confidano, diventano amiche».

Un bel periodo.

«Che si conclude con l'iniziativa La Befana del Clochard: il 6 gennaio, un pranzo preparato all'Hotel Principe di Savoia da Christian Garcia, chef personale del Principe di Monaco che viene appositamente a Milano. Sarà un menù vegetariano, un messaggio verso tute le creature di Dio».

Il suo luogo del cuore?

«Albissola, dove ho vissuto e sento il bisogno di tornare. Su quelle colline dove correvo da bambino.

Il posto cui tengo di più».

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