«Il nostro Patto civico rimasto lettera morta»

«Quest'anno il 25 aprile arriva a febbraio», urlava la sinistra dal palco di piazza Duomo dove spuntava la chioma candida del sindaco Giuliano Pisapia che applaudiva alla guerra di liberazione dal nemico di classe. E nelle giornate aspre della campagna elettorale, un giornale piuttosto vicino alla candidatura di Umberto Ambrosoli come Repubblica, aveva accusato Roberto Maroni perfino di aver «rubato» l'arcobaleno sulla Madonnina per utilizzarlo nel profilo Twitter dell'oggi governatore. Nemmeno Pisapia e la rivoluzione arancione detenessero il copyright dei fenomeni atmosferici. «Maroni e la Lega non sono credibili - tuonava lo stesso Pisapia sempre a febbraio e sempre su Repubblica - Sono i continuatori di Formigoni e del suo apparato». Ma non basta. «La Lega? Corresponsabile della situazione che si è creata in Regione Lombardia: Maroni non può chiamarsi fuori». Parole dure, da censore. Un attacco diretto al candidato leghista accusato di connivenza con il quasi ventennio formigoniano considerato da Pisapia e dalla sinistra la causa prima e unica di ogni nefandezza. Peccato che così non l'abbiano pensata gli elettori che in Lombardia vivono e probabilmente non così male, se al centrodestra e non ad Ambrosoli affidato anche i prossimi cinque anni.
E fin qui ruoli e parti in commedia sono perfettamente rispettati. Non fosse che ieri, come in qualunque piece teatrale che si rispetti, c'è stato il colpo di scena. Quell'attimo in cui tutti si rimette in discussione e la trama si dipana verso nuovi e insospettabili orizzonti. Un'altra intervista, questa volta al Corriere, ed ecco la sorpresa. «Maroni - assicura Pisapia - lo conosco da tempo e al di là delle posizioni politiche profondamente diverse, quando ha avuto ruoli di governo ha sempre operato con correttezza anche nei rapporti con l'opposizione». Non solo, perché per Pisapia adesso con Maroni «c'è la volontà di un percorso comune su temi istituzionali». Cortesia tra Palazzi, ma non solo. Perché a leggere nemmeno troppo tra le righe, l'ormai non più impolitico Pisapia, dimostra di essere diventato un abile mandarino, fin troppo esperto nei giochi di corte. Perché la sua proposta è di nominare Maroni commissario dell'Expo. Quella che era persona non credibile («Maroni e la Lega non sono credibili», Repubblica, 15 febbraio), diventa il candidato ideale per un ruolo delicatissimo come quello di commissario Expo. Peccato che oggi su quella poltrona sieda Roberto Formigoni e nessuno come Pisapia sa quanto a quel ruolo tenga l'ormai ex governatore. Così come Pisapia sa, per esserci personalmente passato, quanto delicato sia il momento di misurare gli equilibri per decidere gli assessori da far entrare in giunta. E si sa che Maroni è atteso da questo difficile compito e di tutto ha bisogno, fuorché di rapporti tesi con Formigoni che dal Pdl (insieme ad altri) è stato incaricato di stilare il programma elettorale. E che quindi qualche voce in capito sul modo migliore per realizzarlo ora dovrà pur avere. Fatto salvo il fatto che a trattare direttamente con Maroni sarà il coordinatore regionale Mario Mantovani. Pisapia le chiede di lasciare a Maroni il ruolo di commissario Expo? «Non ho altre risposte da dare», ha tagliato corto ieri Formigoni.

Dopo aver detto che «in uno spirito di grande collaborazione, mi aspetto che il presidente del consiglio regionale sia del Pdl. E che l'assessorato più importante, quello alla Sanità, sia sempre del Pdl». Avvisando così che sul regno del Celeste il sole non è ancora tramontato.

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