Omaggio a Masetti, il ciclista esploratore

La città celebra i 150 anni della nascita di un pioniere del cicloturismo

Ritornerà nella sua Milano oggi, per festeggiare il compleanno, 150 anni spaccati, al Bianchi Cafè & Cycles di via Cavallotti, a due passi da piazza San Babila, un posto che gli sarebbe piaciuto moltissimo. Arriverà dalla sua terra insieme al Consorzio per lo Sviluppo del Polesine, come quando ventenne lasciò Trecenta, provincia di Rovigo, per andare ad abitare a Porta Genova, in via Cesare da Sesto al numero 11. Viveva in un sottotetto con due sorelle, un gallo, due tortorelle e un piccione. Per arrivare da lui bisognava scalare 80 gradini, la casa era un museo: c'era un pezzo di cornice dell'Acropoli di Atene e fiori dell'orto dei Getsemani, una scheggio del tempio di Teseo e un bottone della giacca di Leone Tolstoj con cui divise una vodka quando Eolo, il suo bicicletto, lo portò in Russia. Perchè Luigi Masetti è stato il Marco Polo della bicicletta, l'Indiana Jones delle due ruote, uno studente poliglotta e avventuroso che alla fine dell'Ottocento ha attraversato il mondo sui pedali, il primo cicloviaggiatore italiano della Storia. Milanese fino alla scomparsa, datata maggio 1940, rifece in bicicletta la Campagna d'Egitto di Napoleone, da Milano alla Piramide di Cheope, attraversò il Medio Oriente, arrivò in Marocco per poi girare la bicicletta e dirigersi in Norvegia, fino a Capo Nord; proseguì per la Russia e puntò dritto verso Costantinopoli. L'impresa però che lo consegnò alla fama internazionale fu la Milano-Chicago: scrisse al direttore del Corriere della Sera Torelli Viollier chiedendo 500 lire per pagarsi il viaggio in nave. In cambio si offrì di raccontare l'America che incontrava nel suo pazzo viaggio. La cronistoria del “viaggiassimo”, pubblicata ogni settimana dal Corriere lo resero una celebrità, persino il presidente degli Stati Uniti Grover Cleveland lo volle alla Casa Bianca.

Al rientro a Milano, raccontava il Corriere «i curiosi uscivano dalle case e dalle botteghe e si affacciavano alle finestre per veder il reduce del lungo viaggio. La folla andò man mano ingrossando lungo il popoloso corso di Porta Magenta e più sul corso Dante e in piazza del Duomo». Un simbolo, ecologico, social e globale, di Milano che Milano non dovrebbe più dimenticare.

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