Ora il black bloc fa il pentito «Chiedo scusa al poliziotto»

Il giovane fotografato mentre picchia un agente «Il bastone l'ho trovato, ho dato solo due colpi»

Ora il black bloc fa il pentito «Chiedo scusa al poliziotto»

Confessa e chiede scusa, ma questo non basterà a tirarlo fuori dal carcere. Anche perché Marco Ventura, l'anarchico arrestato due giorni fa per il pestaggio di un funzionario di polizia durante gli scontri del Primo Maggio, ha dato una versione che collide con il quadro che le indagini della Digos stanno tirando della infernale giornata contro l'Expo: un'offensiva pianificata e organizzata a lungo, nell'arco addirittura di sei mesi, e che aveva fin dall'inizio nell'attacco alle forze di polizia il suo piatto forte. La violenta aggressione al vicequestore Antonio D'Urso, colpito nei giardinetti di via Pagano mentre era a terra da un gruppo di ultras armati di mazze, si inserisce appieno in questa strategia.

Che l'identificazione di almeno uno dei responsabili fosse questione di poco tempo lo si era capito subito, perché tra gli aggressori di D'Urso uno tra i più scatenati agiva a volto quasi scoperto. E così è stato: il picchiatore è stato identificato come Ventura, 28 anni, militante della «Bottiglieria Occupata». Lo hanno prelevato la mattina di martedì scorso nella sua casa di via Bobbio, e la sua unica preoccupazione lì per lì è stata la sorte del suo cane, un pitbull. Ma nelle 48 passate in cella si è reso conto della gravità della situazione, tradotta dalla procura in una duplice imputazione, resistenza aggravata a pubblico ufficiale e lesioni volontarie. E ieri quando riceve in carcere la visita del giudice che deve convalidare il fermo, cerca di mitigare la gravità dei suoi comportamenti: «Ho agito in modo impulsivo, sono rammaricato e chiedo scusa al poliziotto», dice, con accanto il suo legale Eugenio Losco. E ancora: «Ho visto che gli agenti portavano via una ragazza in modo violento e, a quel punto, ho preso un bastone che si trovava per terra, ho dato due colpi e poi sono andato via». E poi: «Non conosco le altre persone che erano presenti sul posto».

Proprio quest'ultimo passaggio è quello che ha lasciato più perplesso il giudice, perché le indagini fanno ipotizzare il contrario, e cioè che il pestaggio sia stato opera di un gruppo organizzato. La stragrande maggioranza delle immagini raccolte dalla Digos non sono state ancora rese note, e la scelta della Procura è per ora di utilizzare solo gli scatti strettamente necessari a tenere dentro gli arrestati: è stato così per il giovane Jacopo Piva, che sosteneva di essersi trovato lì per caso, e che quando ha presentato ricorso al tribunale del riesame si è visto spiattellare dalla Procura una immagine che lo ritrae in piena devastazione. E così potrebbe accadere anche per Ventura, se - come ipotizza ieri il suo difensore - scegliesse anche lui la strada del ricorso.

Per un'altra arrestata, la 41enne Heidi Panzetta, la decisione del tribunale sulla richiesta di scarcerazione arriverà tra oggi e

domani. La sua posizione appare un po' più lieve di quella dei suoi compagni, e potrebbe andare agli arresti domiciliari. Mentre per identificare i veri «duri» c'è tempo. Il reato di devastazione non si prescrive facilmente.

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