Padri gay, la sentenza salva-Pd

I cattolici si nascondono dietro al no della Cassazione

L'8 maggio una sentenza della Cassazione ha stabilito che le coppie omosessuali che hanno avuto un figlio all'estero nato con la maternità surrogata non possono ottenere in Italia la trascrizione all'Anagrafe dell'atto, anche se è riconosciuta nel paese straniero. Il Comune di Milano che fino ad allora aveva trascritto i bimbi di 9 coppie di papà (sei in esecuzione di sentenze) da quel giorno si è bloccato, nessuna nuova trascrizione. E dietro alla sentenza si sono trincerati ieri i consiglieri di maggioranza a Palazzo Marino per evitare una spaccatura che, senza quel passaggio, sarebbe stata evidentemente plateale. Nei mesi scorsi Luigi Amicone (Forza Italia) e Matteo Forte (Milano Popolare) avevano depositato una mozione che impegnava il Comune a non trascrivere i bimbi come figli di due padri e a prendere le distanze dalla maternità surrogata («una pratica disumana»). Il testo è approdato ieri in consiglio. L'assessore ai Servizi civici ha prima chiesto al centrodestra di ritirare la mozione perchè superata dalla Cassazione, poi ha espresso parere negativo. E la mozione è stata bocciata da tutto il centrosinistra, compresa l'ala cattolica - da Enrico Marcora e Elisabetta Strada della lista Sala e la Pd Roberta Osculati - che in precedenza l'avevano appoggiata. «Il Pd con Sala si è involuto - contesta Forte -. Ai tempi di Pisapia almeno i cattolici della maggioranza hanno potuto astenersi sul registro delle unioni civili, oggi la loro libertà di coscienza sull'opposizione alla maternità surrogata è stata annientata dal gruppo d'appartenenza. Siccome i tribunali chiedono di trascrivere, allora eseguono».

Amicone definisce «imbarazzanti i cattolici del Pd. Anche su un tema così magistralmente in difesa della dignità della donna e del diritto del bambino a non essere trattato da cosa, oggetto di scambio, merce, riescono a essere subalterni».

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