Papa drag queen in cartellone non si ferma il cineforum gay

Domani la nuova proiezione con 4mila euro di contributi pagati dalle tasse universitarie

Papa Benedetto XVI sui cartelloni del cineforum gay
Papa Benedetto XVI sui cartelloni del cineforum gay

Nessun ripensamento. Nessuna intenzione di rinunciare a quel manifesto in cui il Papa emerito Joseph Ratzinger è ridipinto come un travestito, come una drag queeen da porno show. Gay Statale, l'organizzazione dell'università milanese che si definisce «un gruppo di ragazzi e ragazze gay, lesbiche, bisessuali e transessuali» nato per «favorire la socializzazione dei rappresentati di tale comunità», conferma per domani il terzo appuntamento del cineforum «Omosessualità e religione». In cartellone la proiezione di Prayers for Bobby, un film per la tivù del 2009, diretto da Russell Mulcahy e basato sul libro del giornalista e attivista Leroy F. Aarons che racconta la storia vera di Mary Griffith e del suicidio del figlio omosessuale. Lei è una devota cristiana che lo alleva secondo gli insegnamenti della Chiesa presbiteriana, ma di fronte alla sua dichiarazione di omosessualità è convinta che Dio possa «curarlo». Di qui il cortocircuito familiare e religioso che il regista racconta.
Liberissimo di farlo, starà poi agli spettatori farsi un'idea della vicenda e soprattutto del decalogo che deve (o dovrebbe) guidare i rapporti tra i genitori e la sessualità dei figli. Su questo le opinioni saranno ovviamente le più diverse. Molto meno opinabile, invece, è il gran cattivo gusto del manifesto. Perché una delle più citate e scontate definizioni della libertà è il suo doversi arrestare laddove si calpestano i diritti altrui. E qui i diritti violati da un manifesto che traveste un (ex) Papa con rossetto rosso, ombretto sugli occhi e sopracciglia disegnate con l'eyeliner sono i più diversi. Perché non c'è nemmeno bisogno di scomodare la blasfemia, il vilipendio all'autorità religiosa (che pure è reato) e soprattutto la sacralità dell'immagine di un Pontefice, perché in un civile consesso dovrebbe essere sufficiente chiedere il rispetto della sua semplice umanità. La cura dovuta a qualsiasi persona, magari aggiungendo anche un sovrappiù dovuto all'età. Che non a caso si dice veneranda. E, infatti, a nessuno farebbe piacere ritrovarsi un nonno truccato da battona. Anche se non è il papa. E a poco serve parlar di provocazione necessaria per attirare l'attenzione su tematiche trascurate. Suvvia, non è così ormai da decenni. Tanto che gli stessi organizzatori di GayStatale hanno ricevuto un contributo di 4mila euro per dibattiti, conferenze, proiezioni ed eventi gayfriendly. Soldi pubblici della Statale, hanno protestato gruppi di studenti. Sono presi dalle tasse universitarie, è stata la giustificazione. Appunto, anche di quelli che hanno il diritto (a proposito di diritti) di non vedere il Papa conciato così. Loro dicono di non aver visto tutto quel denaro. Ma la delibera del consiglio di amministrazione c'è ed è datata 26 settembre 2012.
«Il vero problema non è la provocazione, ma l'omofobia», si son difesi loro. E anche qui ci sarebbe da dire. Perché la provocazione deve almeno essere provocatoria. E un Papa Ratzinger in guepierre e reggicalze a Milano (purtroppo) s'era già visto.

In una statua della mostra Arte e omosessualità curata dall'allora assessore alla Cultura Vittorio Sgarbi. Scoperta dal Giornale, convinse l'allora sindaco Letizia Moratti a chiuderla. Mandando al macero un pacco di cataloghi già stampati.

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