Paola FucilieriCiro, Giuseppe e Cristiano - rispettivamente 54, 46 e 29 anni - non sono detenuti qualunque. Da tre mesi, infatti, sono impegnati a realizzare 1200 ostie al giorno all'interno del laboratorio di Opera, la più grande delle 225 carceri italiane. Prodotti artigianali fatti con amore e dedizione da chi, come loro, credeva di non avere più speranza. Invece queste ostie, insieme alla passione che li anima e al percorso di fede che hanno compiuto, sono arrivate sin nelle mani di papa Francesco. Che ieri mattina, dal suo balcone romano di piazza San Pietro, durante l'Angelus che ha preceduto la Messa celebrata in occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (il Giubileo dei Migranti), ha spiegato alla folla di fedeli che per quella speciale cerimonia avrebbe utilizzato proprio le particole prodotte nel carcere milanese. «In questa Messa, io vorrei ringraziare, e anche voi ringraziate con me, i detenuti del carcere di Opera, per il dono delle ostie confezionate da loro stessi e che saranno utilizzate in questa celebrazione - ha detto papa Bergoglio -. Li salutiamo con un applauso da qui, tutti insieme. Parole che suonano come caldi e prolungati abbracci. Per Ciro e Giuseppe, che stanno pagando il loro debito con la giustizia con un «fine pena mai», sono cioè ergastolani. E anche per Cristiano, pure impegnato a scontare una lunga condanna. I tre si sono conosciuti proprio a Opera. Tutti autori di fatti di sangue, si sono rivelati così disposti a cambiare la loro esistenza, il loro cammino, da partecipare al progetto internazionale «Sicomoro», che prevede che chi ha commesso un omicidio venga a contatto con parenti di vittime di quel tipo di reato.«Lavorano alla produzione delle particole sei ore al giorno e ne sono entusiasti al punto che non solo hanno smesso di fare quello di cui si occupavano in precedenza, ma sono stati loro stessi a scrivere a papa Francesco per offrire le ostie. Si erano rivolti, con successo, anche al cardinale Angelo Scola per la messa di Natale in Duomo. In carcere le persone spesso cambiano, anche quelle che sono state molto pericolose. E le attività che svolgiamo, come quelle teatrali, servono a capire chi risponde agli impulsi. Da lì si può cominciare un nuovo percorso» spiega con evidente soddisfazione Giacinto Siciliano, 49 anni, da quasi nove direttore del carcere di Opera dove ci sono al momento 1300 detenuti (la stragrande maggioranza ha condanne definitive) dei quali 300 lavorano per l'amministrazione della casa circondariale, altri 90 per cooperative esterne (ma all'interno dell'istituto di pena), mentre altri 80 hanno un'occupazione che li porta a lasciare Opera la mattina per farvi rientro la sera.A rendere possibile quel che è accaduto ieri sono 4 amici che, «capitanati» da Arnoldo Mosca Mondadori, hanno fondato la onlus milanese di via Calatafimi «Casa dello spirito delle arti».
Mosca Mondadori ieri era a Roma e ha assistito all'entrata in San Pietro delle ostie di Opera portate da uomini di tutte le razze che danzavano.«Il percorso di redenzione di questi detenuti è autentico - assicura -. Le ostie? Ce le chiedono decine e decine di parrocchie. Noi le doniamo a patto che si parli ai fedeli del progetto da cui scaturiscono».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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