Cronaca locale

Parisi: «È un gesto isterico Alla città serve un sindaco»

Centrodestra diviso sull'autosospensione. Lega cauta Cattaneo (Ncd): «Non lucriamo, è un galantuomo»

Federica Venni

Il più duro di tutti, nel centrodestra, è stato lui. Un po' a sorpresa per chi ne ha sempre sottolineato i toni moderati, Stefano Parisi, alla notizia dell'autosospensione di Sala, non è andato tanto per il sottile. Perché se a guidare Palazzo Marino ci fosse stato lui, ha fatto intendere, si sarebbe comportato in maniera diversa: «Quella di Sala è una reazione isterica. Un avviso di garanzia - ha dichiarato il manager - non è una condanna, deve tornare a lavorare immediatamente». Parisi, di fatto, è il sindaco mancato, per un pugno di voti, «di una città da governare». Una Milano che, se ciò che è accaduto ieri fosse successo durante l'Expo o in campagna elettorale, probabilmente oggi sarebbe amministrata dal centrodestra. E non si tratta di essere gufi, per dirla alla Renzi, o rosiconi: Parisi ieri ha semplicemente espresso l'amarezza e la delusione di chi pretende quella «responsabilità verso le istituzioni e i cittadini» a cui Sala secondo lui ha abdicato. Come impone la sua natura «libpop» si è espresso con il lessico del garantismo, ma non ha fatto sconti all'ex rivale: «Deve fare il sindaco, a meno che sia cosciente di atti commessi per cui servono non la sospensione ma le dimissioni». E non ha risparmiato la stoccata: «C'è una procura della Repubblica che deve essere libera di fare indagini senza essere sotto ricatto per il fatto che la città non è più governata». Che Milano non possa rimanere «sospesa» lo ha sottolineato anche Mariastella Gelmini: «Il gesto di Sala merita rispetto» ma «non si può perdere tempo. L'auspicio è che si risolva tutto molto rapidamente». E mentre, come ha rimarcato la coordinatrice azzurra insieme al responsabile milanese del partito Fabio Altitonante, «Forza Italia è e rimane garantista sempre e verso tutti, compresi glia avversari politici», c'è qualcuno, come il senatore Francesco Giro, che ha invocato dimissioni immediate: «Lo avevamo detto che Sala sarebbe stato un candidato a rischio e se eletto sindaco avrebbe esposto Milano ad un danno di immagine incalcolabile. Ora si dimetta subito e si torni a votare nel maggio 2017». «Chi agita le manette» gli ha risposto Pietro Tatarella, «rinnega vent'anni di storia politica». Cautela anche dai banchi della Lega: «Noi non chiediamo le dimissioni di Sala», ha chiarito Matteo Salvini, ma «i milanesi meritano chiarezza, non invenzioni alla Gentiloni come le autosospensioni. Se ha la coscienza pulita faccia il sindaco». «È evidente però», ha chiosato il segretario del Carroccio, «che su Expo ci siano tanti lati oscuri e che qualcuno abbia protetto e coccolato Sala nei mesi passati».

Il sindaco ha poi incassato la «solidarietà» piena del presidente del consiglio regionale Raffaele Cattaneo: «Non mi voglio associare alla schiera di coloro che cercano di lucrare sulle disgrazie giudiziarie dei propri avversari politici per un po' di consenso d'accatto» e «da avversario politico di Beppe Sala sono convinto che sia un galantuomo». Se Ncd, dal Pirellone, ha usato il guanto di velluto, il capogruppo dei popolari a Palazzo Marino Matteo Forte ha parlato di «apoteosi del giustizialismo» e di «indebolimento delle istituzioni». Reazioni un po' schizofreniche sono arrivate infine dai grillini: se appena appresa la notizia hanno chiesto il ritorno al voto «il prima possibile», le nuove vicende della giunta Raggi a Roma devono aver indotto maggior cautela. Così ieri, nel tardo pomeriggio, dopo una riunione dei capigruppo a Palazzo Marino, Gianluca Corrado ha corretto un po' il tiro: «Abbiamo apprezzato la sua decisione di auto sospendersi anche se non si tratta di atto formale.

È una posizione intellettualmente onesta».

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