Venerdì prossimo saranno passati cinquantasette anni. In via Osoppo, che parte da piazzale Brescia e va verso piazzale Velazquez, nessuna lapide racconta che qui, la mattina del 27 febbraio 1958, la storia della Milano criminale cambiò per sempre, perché l'audace colpo delle «tute blu» fece irruzione nell'immaginario collettivo non solo dei lettori un po' ingenui dei rotocalchi dell'epoca, ma anche della stessa malavita cittadina, che si convinse che il salto di qualità era alla portata di tutti, e che le rapine in grande stile non erano appannaggio solo dei gangster americani cantati dai b movie. L'anno prima era arrivato in Italia Faccia d'angelo , il film con Mickey Rooney sulle imprese della banda di Baby Face Nelson. In quella mattina di mezzo inverno, sette uomini in tuta dimostrarono che Milano poteva essere a suo modo Chicago.
Ma quella lapide sarebbe comunque incompleta, perché - se non altro per motivi di spazio - non racconterebbe che l'assalto al furgone blindato della Banca popolare di Milano fu anche l'impresa simbolo di una razza di banditi tutta particolare: i reduci della Resistenza, gli ex partigiani - spesso assai giovani - lasciati insoddisfatti e con le tasche vuote dalla fine della guerra civile. Mentre i loro compagni di battaglia si reinserivano, più o meno a fatica, nella vita quotidiana, piccole ma agguerrite frange di partigiani delusi si riciclarono in banditi. Accadde in fretta. Daniele Duroni, già comandante di un piccolo reparto partigiano, detto Mustaccia, diede vita appena finita la guerra alla banda che prese il suo nome, e che si distinse per spietatezza: tanto che un giovane appartenente alla banda, Fermo Lini, venne condannato a morte per l'uccisione di un commerciante durante una rapina, e solo la grazia degli americani lo salvò in extremis, il 18 ottobre 1945, dall'essere avviato al patibolo. E d'altronde le vicissitudini di questo universo di partigiani passati alla mala vennero raccontati senza titubanze alla fine degli anni Quaranta da Beppe Fenoglio nel suo romanzo «La paga del sabato» (che però, significativamente, vide la stampa solo nel 1969).
La squadra che nel 1958 realizza la rapina di via Osoppo era composita, e buona parte dei suoi membri veniva dalla malavita comune. Come Luciano De Maria, l'autista del camion che causando un incidente intrappola il furgone blindato: De Maria, morto nel dicembre 2010, veniva dai ranghi della ligera, e a 17 anni era già in carcere al Beccaria per rapina. Ma a pensare, organizzare e dirigere il colpo è un ex partigiano dei Gap, Ugo Ciappina. Ciappina passerà alla storia e alle cronache come il più longevo esponente della malavita non mafiosa cittadina, l'ultimo arresto a settantaquattro anni per il furto da Tincati. Ma la formazione di Ciappina è tutta politica, nelle squadre cittadine dei Gruppi di azione partigiana. Finisce a San Vittore agli inizi del 1945, nelle mani delle Ss del caporalmaggiore Franz Stelmayer, detto «la belva», ovvero «il porcaro». Lo torturano, ma non canta. E la stessa ritrosia alle chiacchiere lo accompagna per tutta la vita.
Quando Ciappina in via Osoppo, dopo due tentativi abortiti nei giorni precedenti, dà il via all'azione contro i portavalori della Bpm ha appena ventinove anni, ma una solida esperienza alle spalle maturata nella banda Dovunque. Apparentemente, non si occupa più di politica. Ma Michele Augias, che anni dopo ne racconterà la storia dopo essere stato giurato al suo processo, non ebbe dubbi: «La rapina era tale per tutti tranne che per l'ideatore, ossia il Ciappina, per il quale era la sua personale vendetta politica». A tredici anni dalla fine della guerra, l'ex partigiano Ugo Ciappina considerava la sua partita con lo Stato ancora aperta. Come tutti gli uomini della banda, venne arrestato poco dopo: colpa della sciagurata idea di gettare le tute blu nell'Olona, da cui riaffiorarono quando il fiume venne messo in secca per dei lavori; e dalle tute si risalì ai rapinatori. Ma quando uscì dal carcere, nel 1974, Ciappina era ancora lo stesso.
E nel suo libro Senior Service , Carlo Feltrinelli racconta di quando suo padre Giangiacomo, l'editore miliardario, perso nei suoi progetti di rivoluzione comunista, organizzava sedute di preparazione alla guerriglia nella villa sul Garda: e tra i reduci chiamati a fornire il loro know how c'era, guarda caso, lui: Ugo Ciappina, la tuta blu di via Osoppo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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