"Perché amo la Lombardia"

Berlusconi si candida a Monza e racconta la passione per la sua terra. Nell'agenda flat tax, impresa, famiglia e le pensioni a mille euro.

"Perché amo la Lombardia"

È stata una dichiarazione d'amore per la Lombardia l'intervento telefonico di Silvio Berlusconi alla presentazione dei candidati di Forza Italia organizzata ieri alle Stelline dalla coordinatrice regionale Licia Ronzulli e dal suo vice Alessandro Cattaneo. «È la terra dei miei genitori - le sue parole -, qui ho studiato e ho cominciato a lavorare, qui ho costruito avveniristiche città giardino in anticipo sui tempi, visitate ancora oggi da architetti di tutto il mondo, qui è nata la nostra televisione libera, qui ho vinto tanto con il Milan e sono diventato il presidente di club che ha vinto di più nella storia del calcio mondiale, qui ho realizzato l'impresa di portare il Monza in serie A per la prima volta dopo 110 anni».


E poi «qui è nata Forza Italia che ha salvato il nostro Paese nel 1994 dall'ascesa al potere degli eredi del comunismo». Un curriculum da candidato che tutto sommato potrebbe convincere qualcuno a votarlo sulle schede del collegio uninominale di Monza e nel proporzionale in diverse circoscrizioni lombarde. «Per farlo tornare in quel Senato - attacca Ronzulli - da dove qualcuno lo ha fatto uscire in modo vergognoso. Lui non ha nel carattere la vendetta e non si sarebbe nemmeno voluto candidare per rimanere in Europa a occuparsi dei dossier europei dell'Italia, ma noi lo abbiamo pressato fino a convincerlo». Fissando un grande appuntamento per la chiusura della campagna elettorale nazionale proprio a Milano il 23 settembre al Mico, il centro congressi della Fiera.
Ieri, intanto, alle Stelline la presentazione dei candidati, con Ronzulli a cercare di spegnere le polemiche dei giovani di Fi: «Un po' mi dispiace di questa lamentela perché se guardiamo in Lombardia i giovani ci sono e fanno parte delle nostre liste, non è una questione di metodo ma anche di merito. Noi pensiamo che i giovani siano stati molto valorizzati». Con Berlusconi che ha parlato di «scelte dolorose dovute alla riduzione dei parlamentari», ma pronto a promettere attenzione per chi correrà in posizioni di lista scomode o è stato escluso. Messaggio per nulla in codice ai futuri candidati per le elezioni regionali di marzo.
In corsa, invece, c'è il vice presidente della Camera Andrea Mandelli che, accennando al programma da ieri consultabile sul sito di Fi, ha parlato di lavoro che «non si crea con gli incentivi e il reddito di cittadinanza, ma aiutando le aziende a fare impresa». E poi di aiuto alle famiglie: «Se l'Italia non sostiene la natalità è destinata al declino demografico e culturale». Di impresa ha parlato anche un candidato proveniente dalla società civile come il presidente di Confapi Maurizio Casasco: «Sono in campo per senso di responsabilità, il mio mondo è quello del fare e il programma di Fi parla di economia reale: oggi gli imprenditori sono abbandonati e disperati devono pensare al futuro delle loro famiglie e a quelle dei dipendenti». Per il presidente della commissione di Vigilanza Rai Alberto Barachini «il centrodestra va votato perché non è un cartello elettorale, ma una solida coalizione che ha dimostrato le sue qualità governando il Paese e i territori». Nella sua Brianza la sfida dell'assessore regionale Fabrizio Sala in prima linea come vice presidente della giunta Fontana nei tempi duri dell'emergenza Covid. E in corsa anche Melania Rizzoli, Stefania Craxi (che s'indigna per «le lezioni di atlantismo di chi appartiene alla tradizione di un partito che prendeva i soldi da una potenza straniera nemica dell'Italia»), Valentina Aprea, Adriano Paroli, Matteo Perego, Alessandro Sorte e Luca Squeri. Nessuna intenzione di polemizzare con un'ormai ex big del partito come Mariastella Gelmini, traslocata con qualche fedelissimo nell'avventura calendiana del terzo polo. «Ma il vero centro siamo noi - alza i toni Ronzulli - Diffidate dalle imitazioni, diffidate da chi ha avuto tutto da Forza Italia in vent'anni per poi andarsene.

Usandola come un taxi. Non può definirsi centro quello dove i due leader sono uno ex segretario del Partito democratico come Matteo Renzi e uno che è stato eletto al Parlamento europeo grazie ai voti sempre del Pd come Carlo Calenda».

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