Piazza Castello, «nevicata» di polemiche

Il bianco allestimento per i sei mesi dell'Expo non convince. Gli architetti dubbiosi sui criteri di scelta dei progetti

Piazza Castello, «nevicata» di polemiche

Il restyling di piazza Castello fa discutere il mondo dell'architettura milanese. Attenzione, in questione non è questo o quel progetto per la «sistemazione temporanea e provvisoria della piazza» sotto la torre del Filarete, ma le modalità con cui è stata portata avanti l'operazione, e la scelta di bandire un concorso a inviti. L'ordine degli Architetti, per esempio, ha contestato, seppur timidamente, le modalità con cui sono stati selezionati «solo» 11 studi di architettura per progettare il nuovo volto della piazza pedonale: «è una piazza simbolo di Milano, nel cuore della città, il concorso avrebbe dovuto essere aperto a tutti. Chi ha scelto gli studi? In base a quali criteri?». In discussione è anche la modalità di valutazione: «una giuria popolare - attacca Maurizio de Caro, architetto, critico e teorico dell'architettura, docente di Estetica e Landscaping design al Politecnico - ha espresso un giudizio (il progetto più votato è «99 alberi» di Marco Zanuso) mentre la giuria della Triennale ha decretato il suo vincitore, ma se c'è una giuria che decide bisognerebbe attenersi a quella, cosa vuol dire fare due votazioni? Quello che mi preoccupa è la finta democrazia che si trasforma in demagogia...». Il problema sta nelle linee guida del concorso: «Dietro tutto ciò sta solo un termine: “paura” - continua de Caro - quest'amministrazione non ha una visione della città, ed è incapace di decidere per paura delle contestazioni. Prendiamo il caso di Londra: un sindaco marxista ha imposto a Renzo Piano per il suo “Shard” un numero limitatissimo di parcheggi sotterranei, in netto contrasto con il progetto originario. Il motivo? Il grattacielo si deve raggiungere con i mezzi. Bene, questo denota una chiara visione della città. A Parigi, il sindaco ha impugnato il voto del suo consiglio comunale a favore della “Torre piramide” di Herzog & de Meuron». Ecco in questo caso nessuno ha osato rischiare, volare troppo alto, in un termine «sognare» perché «Milano ha perso lo slancio vitale verso l'innovazione che l'aveva caratterizzata - conclude de Caro - ma qui non si ha neanche un'idea di città che si vuole comunicare al mondo».

Critico anche Oscar Dante Benini della Dante O. Benini & Partners Architects, architetto e designer conosciuto e apprezzato in tutto il mondo: «Se si pensa che Milano debba avere un bell'abito per la festa che durerà sei mesi, va bene. Ma io non credo - polemizza - che la nostra città ora abbia bisogno di fronzoli e abbellimenti. Milano è una città riservata, discreta, severa, con un altissimo senso del dovere, che ha voglia in questo momento di pulizia, allegria e energia, che non danno certo quattro ombrelloni colorati».

Un problema anche di budget? «Questi pochi soldi (200mila euro, ndr ) li avrei usati per invitare i 15 più grandi scultori al mondo a prestare o pensare un'opera e avrei trasformato la piazza nel più grande museo a cielo aperto del mondo. Un omaggio alla cultura di tutto il pianeta».

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