Cronaca locale

Piazza Fontana, «riflessioni» sulla bomba

Una pièce per non dimenticare. Curino: «Pare che i ragazzi non sappiano»

Antonio Bozzo

«Doveroso» è l'aggettivo che Laura Curino, colta al volo tra un treno e l'altro (fare teatro è nomadismo), usa per introdurre suoi ragionamenti su Il rumore del silenzio. È lo spettacolo («non una conferenza, lo scriva, ma un vero e proprio spettacolo», dice) che interpreta con Renato Sarti (anche autore e regista) oggi all'Elfo Puccini, in prima nazionale, poi al Teatro della Cooperativa, che lo ha prodotto, il 10 e 15.

Una riflessione a 50 anni dalla bomba di piazza Fontana, che scoppiò il 12 dicembre 1969, inizio della strategia della tensione e di un periodo di attentati, sangue e lutti che segnano ancora l'Italia e continuano a dividere. «Purtroppo», dice Curino, da anni impegnata come regista e autrice nel teatro di narrazione, «pare che i giovani non sappiano quasi nulla della bomba. E quando pensano di sapere, magari attribuiscono la colpa alle Br, allora non ancora nate. Una pericolosa cancellazione della memoria, perché quando ci sono vuoti storici si fa presto a riempirli di odio e falsità. Il teatro non fa grandi numeri, ma aiuta a ragionare e capire. I giovani che lo scoprono, e non sono pochi, poi non lo evitano». Lo spettacolo, che andrà in tournée, fa parte del ciclo di iniziative promosse dalle amministrazioni di Milano e Brescia per il cinquantennale della strage di piazza Fontana e del quarantacinquesimo di piazza della Loggia, entrambe causate dai neofascisti di Ordine Nuovo, con lati ancora oscuri di deviazione dei servizi segreti. Strage di Stato, si disse da subito, grazie alla controinformazione, mentre in questura a Milano era trattenuto l'innocente anarchico Giuseppe Pinelli (poi un «malore attivo» - secondo la versione surreale del giudice Gerardo D'Ambrosio - lo fece precipitare dalla finestra del commissario Luigi Calabresi). «In scena Renato Sarti dà voce alle vittime, alla tragedia di chi morì per caso in una banca frequentata da agricoltori. Io do voce a Licia, la vedova di Pinelli, che ancora, a 91 anni, con le figlie Silvia e Claudia, testimonia sull'ingiustizia che portò alla morte del marito, riconosciuto ufficialmente diciottesima vittima della strage. In scena parlano gli oggetti quotidiani, le musiche di Carlo Boccadoro e quelle dell'epoca, che escono dal mangiadischi. Sarti ha fatto un meticoloso lavoro di ricerca. Mette in gioco pure se stesso, giovanissimo che da Trieste approda a Milano, città dei sogni, e una delle prime cose che gli capitano è partecipare ai funerali solenni delle vittime, in piazza Duomo, un rito di dolore e compostezza che coinvolse l'intera città».

Lo spettacolo si avvale delle illustrazioni di Ugo Pierri e Giulio Peranzoni, che raffigurano volti, corpi e oggetti, e delle scansioni video coordinate da Fabio Bettonica, docente alla Naba.

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