
Dal singolo caso, bisogna trarre uno spunto di riflessione per parlare di un problema più ampio. Guido Podestà ha spiegato così la presentazione del libro «Che Italia è questa?» Avvenuta ieri a Palazzo Isimbardi. Un testo scritto dagli amici dell'ex presidente della Provincia di Milano e che ripercorre la sua vicenda giudiziaria contestandone molte parti.
Un processo reputato ingiusto da Podestà e dai suoi avvocati e sostenitori e per questo emblematico: «Il problema giustizia è un tema che non può non stare a cuore a tutti noi - ha spiegato l'ex presidente - poi quando ci cadi dentro puoi vedere tutti i limiti di un sistema malato che, lo dico con tutto il rispetto, va riformato. Questo libro nasce dall'esigenza di evidenziare una certa superficialità della parte investigativa e la differenza di considerazione tra imputato e accusatore: c'è solo una persona che mi accusa e che ha cambiato versione almeno tre volte, ciononostante le è stata data più credibilità di me».
«Tutto è partito da un esposto dei Radicali - ha ripercorso la storia l'avvocato Maria Battaglini - la Procura avrebbe potuto approfondire ad esempio non sentendo centinaia di testimoni, ma chiedendo un esame grafologico, oppure ascoltando i coordinatori provinciali che erano i diretti interlocutori della grande accusatrice Clotilde Strada: uno di loro ad esempio aveva testimoniato che i certificati avevano già iniziato due settimane prima a essere compilati senza i nomi dei listini bloccati». Anche l'avvocato Gaetano Pecorella è intervenuto al dibattito: «Il libro è firmato josef k. come il personaggio di Kafka che mentre viene arrestato pensa qualcosa avrò fatto e poi viene condannato senza sapere perchè - ha esordito - e di errori giudiziari se ne commettono tanti come quell'uomo rimasto in carcere 13 anni perchè accusato dell'omicidio di Ilaria Alpi da una persona che poi ha dichiarato di non essere stato presente quel giorno; o il più celebre caso Tortora sono esempi di come un errore giudiziario sia peggio di un tumore perchè ti espelle dalla società senza che si abbiano colpe».
Ultimo degli ospiti Vittorio Feltri, editorialista del Giornale, ha sottolineato il contributo negativo della stampa nel creare errori giudiziari: «Io non parlo male dei magistrati perché mi fanno più paura dell'Isis: mi ci sono già scottato quindi adesso gli do ragione comunque - ha iniziato - questa comunque sembra una vicenda assurda che è anche diventata emblematica della scorrettezza di Forza Italia, quando da sempre è successo a tutti i partiti di falsificare firme, inoltre in questi anni si è creata una stortura: tra cronisti di giudiziaria e magistrati, più i pm dei giudici, si crea negli anni una sorta di collaborazione per cui non si va mai contro le indagini dell'amico pm: tanto è vero che ormai basta una comunicazione giudiziaria e la vita di una persona viene rovinata. E l'effetto di un articolo di giornale si amplifica perché i giornalisti radiofonici e televisivi prendono spunto da quelli per i loro programmi condizionando ancora di più l'opinione pubblica».
«Per cui a Podestà dico che mi dispiace per la sua situazione- ha continuato Feltri- e che al suo posto confiderei nella prescrizione». Anche sulle riforme Feltri ha i suoi dubbi: «Per quelle viste in questi anni e non solo in tema giustizia, di solito è stato peggio il tacon del buso».