La Procura apre due fascicoli "Troppi i roghi sospetti"

I pm indagano per incendio doloso e traffico illecito di rifiuti. Al lavoro anche la Dda: schema criminale

La Procura apre due fascicoli "Troppi i roghi sospetti"

All'indomani del maxi rogo alla Bovisasca la Procura apre un fascicolo d'indagine. L'inchiesta accende i riflettori da una parte sulle cause dell'incendio che domenica sera ha distrutto il capannone di via Chiasserini. Dall'altra sull'immondizia accatastata nel deposito dell'azienda Ipb, che lì non doveva essere. Le ipotesi di reato sono quindi incendio doloso, al momento a carico di ignoti, e smaltimento illecito di rifiuti.

Il pm di turno al momento del rogo, Donata Costa, si occuperà della tranche di indagini che riguarda le cause delle fiamme, che già nelle ore immediatamente successive si è ipotizzato essere doloso. Nel primo pomeriggio di ieri ha ricevuto una prima relazione da vigili del fuoco e polizia. Al pm Sara Arduini invece tocca il filone sulla gestione illecita del materiale andato a fuoco. In questo faldone sono entrate le autorizzazioni allo smaltimento negate di recente alla Ipb (c'è stata anche una cessione di ramo d'azienda da Ipb srl a Ipb Italia). Oltre agli atti sul sopralluogo, che non comportò però un sequestro, di giovedì scorso nel deposito dove fu trovata immondizia fuorilegge. Sempre nel pomeriggio di ieri sul caso di via Chiasserini si è tenuto un vertice in Procura. Hanno partecipato insieme a Costa e Arduini il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, a capo del pool «Ambiente, salute e lavoro», e il pm della Dda Silvia Bonardi che nei mesi scorsi si è occupata di diversi fascicoli su traffici illeciti e anche su incendi di depositi abusivi.

Le connessioni tra i diversi filoni di indagine rispecchiano la complessità del quadro dietro la «strana epidemia di incendi» (come l'ha definita Legambiente) che ha colpito la Lombardia negli ultimi 2-3 anni. Il rogo di domenica e quello di ieri mattina a Novate Milanese infatti sono solo gli ultimi di una serie lunga e sospetta. L'hinterland di Milano e il Pavese sono le zone più interessate. Ma anche il resto della regione e tutto il Nord Italia. I roghi dolosi lombardi, solo in depositi di materiale di scarto, sono stati già una ventina dall'inizio del 2018. Il doppio circa degli episodi dell'anno precedente. Di certo a collegare i puntini sulla mappa c'è uno schema criminale collaudato, in buona parte chiarito dall'inchiesta coordinata dalla Dda di Milano che la scorsa settimana ha portato all'arresto di sei persone. Sono accusate di traffico e smaltimento illecito di rifiuti e incendio doloso per le fiamme divampate il 3 gennaio in un capannone di Corteolona, nel Pavese.

Ecco il meccanismo. Le ditte autorizzate allo stoccaggio e allo smaltimento si affidano a intermediari che permettono loro di risparmiare grosse somme in ecotasse. Una tendenza che si è accentuata dopo che a inizio anno la Cina ha detto basta all'importazione di scarti europei, creando un intasamento a casa nostra. I «broker» dell'immondizia fanno sparire i cumuli in modo illecito, dietro lauti compensi. E prendono in affitto capannoni abbandonati da usare come discariche abusive. Gli attori sono imprenditori che cercano una scorciatoia e affaristi senza scrupoli, non necessariamente mafiosi. Le fiamme sono sia il modo più veloce ed economico per disfarsi dei rifiuti sia per cancellare le prove del reato quando le forze dell'ordine si fanno invadenti.

È andata cosi a Corteolona, dove il rogo che ha mandato in fumo 2mila tonnellate di materiali soprattutto plastici ha infestato l'aria di diossine. I carabinieri che hanno lavorato all'indagine pavese stanno cercando collegamenti con una decina di roghi sospetti scoppiati in regione tra la metà e la fine del 2017.

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