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Quando in Sarpi c'erano cravatte a due «lile»

Demonte racconta la vita del nonno e degli immigrati a inizio '900

Elena Gaiardoni«Due lile». Parole pronunciate in quel cinese maccheronico che da bimbi ci faceva tanto sorridere e che oggi potrebbero essere un buon slogan per Twitter. Questo suono buffo e sofferto, che non si usa più per imitare gli uomini dagli occhi a mandola, tintinnava nella memoria di un bambino. Aveva sei anni Matteo Demonte quando il nonno Wu Li Shan volò per sempre nella terra da cui nessun viandante ritorna. Prima, però, l'amato avo di terre ne conobbe molte in questo mondo, eppure nel lontano 1931 scelse Milano come città per vivere, per fondare la casa dove si sarebbe sposato, avrebbe generato figli e nipoti, tra cui Matteo. Oggi il quarantaduenne Matteo ripercorre col tratto a matita la storia di Wu Li Shan in «Primavere e autunni», fumetto editato da BeccoGiallo con i testi di Ciaj Rocchi. Postfazione del sociologo Daniele Brigadoi Cologna.Dalla Grande Muraglia al Duomo, dai monti della Cina orientale alla piana del Po, dove quel cinese indomito fa l'ambulante vendendo cravatte in seta a «due lile», «due lire», quotazione che oggi non esiste né in cinese né in italiano e forse, se ci fosse, le borse andrebbero meglio. «Attraverso la vita del nonno ho disegnato la storia dell'immigrazione cinese in Italia dai primi anni del '900, e se vogliamo proprio stabilire una data, potremmo dire 1906, anno dell'Esposizione Universale che chiamò la gente del Celeste Impero» spiega Matteo Demonte. Nelle scene dai colori seppia e grigi, come in una vecchia pellicola, il cammino di Wu fa «fiorire» intorno a sè la Milano del XX secolo con le case a ringhiera nel borgo del Scigulat, ovvero la cipolla. Wu abitava in zona Paolo Sarpi, che allora era chiamata borgo degli ortolani, in dialetto Scigulat. Anche il fumetto è trilingue: italiano, cinese e milanese. «Mio nonno parlava bene il milanese, meglio dell'italiano si può dire, e non solo lo parlava ma lo amava, soprattutto quando giocava a scopa d'assi». A proposito d'amore. Nel 1938 Wu Li Shan sposa una sarta italiana, Giulia, anche lei immigrata, ma da Grumello Cremonese perché allora, che venissero dalla Cina o da Grumello, i non milanes erano non milanes. Quello di Wu e Giulia fu il terzo matrimonio misto di Milano. Intanto l'attività cambia. Dopo le cravatte arriva la pelletteria e Wu diviene a poco a poco l'imprenditore che poi Matteo conoscerà. «I cinesi nascono imprenditori, anche se era mia nonna che alzava la saracinesca del negozio la mattina» puntualizza Matteo. «Primavere e autunni» diventerà un cartone animato. Wu è morto a Milano nel 1979 ed è sepolto al Musocco. Fu felice di vivere in Italia, soprattutto dopo che la Cina divenne Repubblica Popolare, terra a lui vietata.

La sua è la storia di un uomo che fu uno dei primi a chiudersi alle spalle la porta di casa tra le montagne di un paese vasto per aprire quella di un piccolo Belpaese, dove cominciò a capire il significato della borsa partendo da «due lile».

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