Quel razzismo politico del maestro Umberto Eco

di Carlo Maria Lomartire

Dai Grandi Maestri non si finisce mai di imparare. Soprattutto quando a impartirci la lezione è il più grande di tutti, Umberto Eco. Il quale su Repubblica ci ha iniziati ad una forma di razzismo praticabile, anzi consigliata alla sinistra: un razzismo, insomma, politicamente corretto. Vi sembra un ossimoro? Niente affatto, giacché si tratta di mettere in atto discriminazioni di tipo culturale, estetico e sociale - magari spacciandole per sostanzialmente etiche, dove, com'è noto, questo termine sistema tutto e giustifica anche abusi e arbitri. Il Maestro, infatti ci spiega come evitare, con l'aria che tira a Milano, qualsiasi forma di contagio con possibili disonesti approfittatori corruttori concussori dissipatori di pubblico denaro, per non dire di 'ndranghetisti camorristi mafiosi e perfino affiliati alla sacra corona unita. È facile, suggerisce il Maestro: basta schifarli, allontanarli, cambiare strada locale e ambiente al minimo sospetto, alla prima pur vaga sensazione, anche solo olfattiva.


Infatti dopo averci abilmente predisposti alla nostalgia per la Milano d'antan, quella mitica (mitizzata?) degli anni '50-'60, quella solita del Piccolo e del Santa Tecla, dei pittori e degli intellettuali, di «Rocco e i suoi fratelli» e delle insegne al neon sulla facciata del Carminati in piazza Duomo (...)

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