Mimmo di Marzio
Il titolo è «Il buffo dell'opera» ma, parafrasando l'indimenticabile format giornalistico di Antonio Lubrano, potrebbe anche essere: «Mi manda la lirica». Eh sì perchè chi si chiedesse che fine ha fatto l'inventore dell'inchiesta televisiva sempre in bilico tra cronaca, ironia e aneddottica, non ha che da recarsi a teatro. Ovvero nella storica sala del Gerolamo, di recente restaurato, dove l'ex conduttore Rai domani sera condurrà per mano gli spettatori nei meandri della cultura musicale alta, ma con la sua consueta verve pedagogica; «alla Piero Angela, come direbbe qualcuno».
Un progetto iniziato cinque anni fa, ma che nasce da una passione antica...
«Assolutamente sì, da quando, ai tempi del liceo Gian Battista Vico di Napoli frequentavo il teatro San Carlo. L'amore per la grande musica, sia lirica che sinfonica, mi ha fatto conoscere grandi artisti come il tenore Beniamino Gigli, ma anche i segreti di un mondo che per molti è considerato elitario, quasi inaccessibile».
E qui entra in gioco l'anima del Lubrano giornalista.
«Certo, perchè il nostro dovere è quello di divulgare. Che non vuol dire banalizzare, ma semplicemente aprire al pubblico delle porte di accesso a un grande patrimonio che fa parte della nostra storia. Sono contento di esserci riuscito, prima ancora che a teatro, in televisione».
E fare programmi di cultura sul piccolo schermo è forse l'impresa più difficile per un conduttore.
«Era la fine degli anni '90 e iniziai a condurre All'Opera, una trasmissione di Raiuno in cui mi si chiedeva di raccontare la storia delle più famose opere liriche. Andavo in onda in terza serata e avevo accesso al grande patrimonio delle teche Rai. L'aspettativa, visto l'argomento, era di non più di duecentomila spettatori. In realtà fu un successo che andò avanti per sei anni, culminati con oltre un milione di telespettori per il Don Giovanni di Mozart».
Qual è stato il segreto?
«Qualsiasi argomento, se lo si conosce a fondo, può essere raccontato in modo piacevole e anche divertente attraverso delle storie e dei retroscena. Esattamente come ho fatto per il teatro, già lo scorso anno, assieme all'Orchestra Verdi».
Ovvero i concerti del Carcano intitolati «Chi ha paura di Vivaldi, Bach, Handel». Com'è andata?
«È stata un'esperienza bellissima condotta in collaborazione con l'orchestra barocca diretta dal maestro Ruben Jais, nata con l'obbiettivo di avvicinare alla musica classica anche coloro che, giovani e meno giovani, non hanno mai avuto occasione di entrare in contatto con questo mondo. L'esperimento è riuscito accostando ai concerti il racconto di interessanti e curiosi aneddoti sulla vita degli autori e la composizione delle opere».
Un format molto simile a «Il buffo dell'opera» che debutta domani al Gerolamo in due repliche per la regia di Alberto Messaggi.
«Lo scopo è lo stesso, ma in questo caso saranno in scena cantanti lirici che faranno ascoltare dodici arie celebri, da Madame Butterfly a Tosca alla Salomè di Strauss. Il mio compito sarà di raccontare episodi curiosi legati a quei brani: retroscena legati all'autore o piccoli incidenti accaduti durante una Prima».
Qualche esempio?
«Tra i tanti racconto di quella volta che, durante la Prima di Traviata, il tenore Pippo di Stefano nel ruolo di Alfredo doveva
lanciare una manciata di soldi contro Violetta cantando Questa donna pagata io l'ho, ma il costumista aveva dimenticato di metterglieli in tasca. Lui, senza perdersi d'animo, tirò un ceffone alla sbalordita soprano...».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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