Tra la faticosa uscita dalla crisi e la voglia di ripartenza c'è un grosso rischio: che bambini e adolescenti siano lasciati indietro, con le paure e le ansie nate durante l'isolamento del lockdown. La Caritas Ambrosiana ha alzato il velo su questa emergenza parallela. Nel Rapporto sulla povertà dopo il Covid si evidenzia che per sette diocesi lombarde su dieci «la povertà educativa, insieme al disagio psico-sociale delle nuove generazioni», è in aumento ed «è una delle novità più drammatiche introdotte dalla pandemia, che per oltre un anno ha stravolto la routine scolastica dei minori frequentanti le scuole di ogni ordine e grado, incidendo negativamente, da un lato, sulla loro preparazione scolastica, dall'altro sulla loro capacità di mantenere un saldo equilibrio psicologico in un contesto che li aveva bruscamente privati delle loro certezze e della loro quotidianità». Il direttore della Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti: «La didattica a distanza ha penalizzato molto gli adolescenti anche dal punto di vista relazionale. Ciò ha prodotto sofferenza psichica e ha molto aumentato la domanda da parte loro di supporto di personale specializzato».
Matteo Zappa, responsabile Area minori della Caritas Ambrosiana, ha raccolto le segnalazioni sul campo, dove consultori familiari e doposcuola delle diocesi sono sotto stress per le richieste di aiuto da parte dei ragazzi esplose dopo il secondo lockdown. I primi mesi di quest'anno il problema è venuto a galla in modo prepotente, come mai prima nelle rete della Caritas. E ancora di più emergerà nel prossimo periodo. «Negli ultimi anni - spiega Zappa - le strutture socio sanitarie per la presa in carico psicologica degli adolescenti e preadolescenti erano già in grave difficoltà, con lunghe liste d'attesa. Frutto dei disinvestimenti in questo settore. Ora l'aumento del disagio giovanile con il lockdown ha portato un'impennata delle richieste che a maggior ragione non sono state assorbite». L'onda lunga arriva nei centri di primo ascolto delle diocesi. «La situazione si è aggravata molto. Le scuole chiuse, l'isolamento, la minore socialità e corporeità, magari sommati a forme di fragilità psicologica, hanno fatto nascere ansia, chiusura in se stessi, rifiuto di uscire di casa. Agli abbandoni scolastici e alla discontinuità nella Dad si sono sommati disagio psicologico e ripiegamento sociale. Problemi anche più complessi da intercettare». Il malessere si riscontra in tutti i contesti sociali, sia in città sia fuori.
Purtroppo le attese nelle strutture sono lunghe, anche di mesi, e ragazzi che con grande fatica chiedono aiuto e avrebbero bisogno di supporto tempestivo vengono seguiti con difficoltà. Con il rischio che il disagio degeneri. «Ci siamo chiesti come fare - continua Zappa -. Ho incontrato molti ragazzi che in questi mesi si sarebbero aspettati di più dagli adulti. La loro la prima esigenza è l'ascolto, un intervento tempestivo. Hanno bisogno di genitori e insegnanti capaci di fermarsi e dedicare loro tempo. La ripresa delle attività è importante, ma lo è anche elaborare e parlare delle angosce. Per gli adolescenti ancora di più.
Ora mettiamo l'infanzia e l'adolescenza al centro, diamo finalmente a loro la priorità nella nostra attenzione. In autunno i mondi educativi, scuola e sport ad esempio, siano attenti. Non si concentrino solo sui risultati, ma anche sull'ascolto a 360 gradi. Ricordiamoci di chiedere ai ragazzi Come stai?».
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