Paola Fucilieri
In curva, sugli spalti del Meazza a tifare Inter; il brivido di mettere a segno un colpo e infine le corse a bordo di una Mercedes classe B in fuga dalla polizia, con i soldi in tasca e la cocaina nella mente. Di sicuro una vita spericolata, piena di emozioni, anche se non tutte legali, quella del pregiudicato 47enne Alfio Marino. E sul petto un tatuaggio alto dieci centimetri con la scritta: «Articolo 628 codice penale», ovvero quello che punisce chi compie rapine e furti. «Questa è la mia vita» ha spiegato fiero lui, venerdì, al momento della cattura, al vice questore aggiunto Antonio D'Urso che dirige il commissariato Comasina e gli chiedeva lumi di un tale marchio impresso sulla pelle a caratteri cubitali. Secondo gli investigatori della polizia, che lo accusano di almeno quattro rapine messe a segno a Milano tra luglio e agosto, Marino era in rapporti così stretti con la curva dell'Inter e con quella gemellata della Lazio, d'aver partecipato a luglio (come ha raccontato lui stesso ai poliziotti e come risulta dai tabulati del suo cellulare) a Roma al matrimonio di Giorgia Piscitelli, una delle due figlie dell'ex leader degli Irriducibili laziali, l'ultrà biancoceleste della Curva Nord Fabrizio Piscitelli, ucciso con un colpo di pistola durante un agguato il 7 agosto al Parco degli Acquedotti di Cinecittà.
Tuttavia la «passione» vera di Marino, originario di Catania, insieme alla droga, era proprio quella criminale, le rapine. Al commissariato Comasina, insieme ai colleghi della squadra mobile, lo hanno pedinato a lungo e per un soffio, almeno un paio di volte, stavano per catturarlo in flagranza. Quattro i colpi dell'ammontare al massimo di 350 euro ciascuno: tre rapine nella farmacia di via Angeloni 20 («che per lui era diventata una sorta di bancomat» spiega D'Urso) e un negozio di articoli per bambini in via Astesani: il 12 e il 19 luglio, e il 19 e 23 agosto.
Il primo colpo accertato Alfio Marino lo ha messo a segno di venerdì, proprio il giorno prima di recarsi a Roma, per assistere al matrimonio durante il quale l'ex capo ultrà - ucciso solo una ventina di giorni dopo - avrebbe accompagnato la figlia all'altare. Durante l'interrogatorio, proprio per far confessare il malvivente, gli investigatori erano rimasti piuttosto vaghi sulla data della rapina. Così Alfio Marino aveva tentato di barare, giurando di non essere responsabile di quella rapina. «No, no, non è possibile - aveva dichiarato -, io il 12 luglio ero a Roma al matrimonio della figlia di Diabolik, potete controllare, non ero qui a Milano». Peccato per lui che quelle nozze siano state celebrate sì, ma solo il giorno dopo, sabato 13 luglio. Ed è stato solo allora infatti che il suo cellulare risulta aver agganciato la cella di Roma, mentre appena dodici ore prima - al momento della rapina - Marino risultava a Milano.
Il pregiudicato da tempo non vedeva più i genitori che risiedono alla Comasina, ma abitava con un amico. Che ha confessato alla polizia: «Io con le rapine non c'entro, a unirci era lo stesso vizio, quello della cocaina».
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