Dopo le scorribande live con jazzisti del calibro di Stefano Bollani, rieccola Irene Grandi sul palco delle Scimmie, lo storico club sui Navigli in cui lanciò il suo primo disco esattamente vent'anni fa. Domani però canterà soltanto come guest star al fianco di Alfredo Vestrini, suo affezionato paroliere, nel concerto di presentazione del disco inciso con Alessandro Ratoci, «Conservatorio».
Un ritorno a sorpresa, nostalgia di Milano?
«Da toscana quale sono devo dire che Milano mi ha sempre portato fortuna fin da quel disco di esordio, senza contare che qui da voi le presentazioni vengono meglio perchè c'è la più alta concentrazione di addetti ai lavori. Stavolta però è diverso».
Vale a dire?
«Vengo io a portare fortuna a un grande amico e collaboratore che, tra l'altro, scrisse il testo della canzone che ha dato il titolo al mio album Alle porte del sogno. Ora è lui, cantautore di qualità, a presentare un bellissimo disco che mescola il pop alla classica».
È curioso vederla alle Scimmie in un momento in cui, purtroppo, la musica dal vivo è passata un po' di moda.
«È un peccato perchè i locali, ancor più dei teatri o degli stadi, sono il luogo ideale per suonare dal vivo. E le Scimmie, che è un club intimo e raccolto, si presta benissimo anche alle presentazioni degli album».
Però è un dato di fatto che i giovani, non solo a Milano, a sentire la musica dal vivo ci vadano sempre meno...
«È un momento difficile che ha diverse cause. La prima è che è cambiato l'approccio alla musica, divenuto un momento personalistico dove i giovani scaricano e si isolano con l'i-pod. La seconda è che i costi per i locali sono alti, mancano incentivi pubblici, la Siae vampirizza tutti e i musicisti sono stanchi di suonare a spese proprie...».
In compenso, impazzano i talent show televisivi.
«Ahimè sì, e parla una che è stata ospite più volte alle varie trasmissioni. Ma mi pare acclarato che a questi talent sia stata data un'importanza spropositata, e la riprova è che nel 90 per cento dei casi questi ragazzi dopo due anni spariscono».
Perchè secondo lei?
«Perchè si dà meno importanza alla preparazione musicale, si punta su un bel faccino, una canzone orecchiabile e fine dei giochi. Tra lo show e l'uscita del disco passa troppo poco tempo e i giovani non hanno il tempo di studiare, di fare esperienza, o semplicemente di andare in giro a suonare, come si faceva nei locali appunto».
Cos'è che fa davvero la differenza?
«Che suonando e scrivendo ti fai le ossa, hai il tempo e l'opportunità di incontrare musicisti, autori, produttori.
Insomma i veri cantautori sono spariti?
«Assolutamente no, e Alfredo Vestrini ne è la dimostrazione. Vanno semplicemente scoperti e aiutati...».
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