Antonio Bozzo
A Bergamo, stasera alle 21.30 al Monastero del Carmine, per il Festival DeSidera che compie 15 anni, Franco Branciaroli leggerà «Lettere a un giovane poeta», con elaborazione drammaturgica di Giulia Calligaro e accompagnamento originale al clavicembalo di Federico Caldara.
«Non avevo mai letto il testo di Rilke che porto a Bergamo - dice Branciaroli - Eppure lo scrittore austriaco è l'uomo che mi ha fatto apprezzare la Gioconda, dipinto per me non così speciale. Ed è un poeta che ho cantato su musiche rock, prendendomi dell'imbecille da un esponente del Msi, qualche decennio fa».
Prego? Che c'entra Rainer Maria Rilke con il rock e con il partito di Almirante?
«Nulla. Ma in quegli anni lontani, quando molti intellettuali di sinistra si erano avvicinati a Rilke, icona della cultura di destra, sembrava naturale trasportarlo in un musical rock, come fece un mio amico per il teatro, e io la interpretai. Apriti cielo: il Msi non mi perdonò l'affronto. Quel tipo che si infuriò con me mi disse che avevo ucciso Rilke per la seconda volta, dopo che le sue ossa erano finite in una scatola di scarpe, perché la tomba venne distrutta per aprire una strada».
E la Gioconda? Ci racconti pure questa.
«Ma sì, vivevo a Parigi da giovane, andai al Louvre ma il faccione della Gioconda non mi smosse pensieri artistici. Sennonché lessi un libretto di Rilke, comprato su una bancarella. E imparai a guardare il dipinto immaginando, come Rilke, che quel volto sarebbe sparito nel tempo, il paesaggio no. Una folgorazione commovente».
Che cosa scrive il trentenne Rilke al più giovane Kappus, tra 1903 e 1908?
«In sostanza gli dice di lasciar perdere, che non sarà mai altro più di un poetastro. Rilke aveva sensibilità magica e un rispetto per i versi quasi sovrannaturale. Nella corrispondenza con Kappus, spiega le ragioni superiori della poesia, utili da ascoltare per chiunque voglia avvicinarsi al difficile mestiere di poeta».
Mestiere per pochi eletti. Nei «Quaderni di Malte Laurids Brigge», Rilke scrive addirittura che ci vuole una vita, prima di azzeccare un solo verso. Vero, Branciaroli?
«Verissimo. E ora che ho compiuto da poco 70 anni, capisco ancora meglio il ragionamento di Rilke. Nelle pagine da lei ricordate scrive che i versi non sono sentimenti - di quelli si nutrono solo i poeti dozzinali -, ma esperienze. Momenti d'amore, di lutto, di turbamenti, di viaggi, di amicizie».
Era un bel tipo, Rilke. Che idea se ne è fatto?
«Grande poeta, se da mettere nel cassetto della cultura di destra o di sinistra, credo che oggi non abbia più importanza. Nato a Praga nel 1875, morì in Svizzera nel 1926, abbracciato alla sua solitudine, da cui traeva vera ispirazione.
Abbandonò tutti, donne, figli e persino l'amato cane, al quale aveva dedicato una toccante poesia. Ma fu protagonista del suo tempo».Biglietto di ingresso 5 euro, prenotazioni tel. 035.242095 oppure 366.6661347, oltre che via mail a info@teatrotascabile.org, info@teatrodesidera.it.
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