Alberto Villa, 33 anni, sindaco di Pessano Con Bornago, membro della segreteria regionale formata dal commissario Massimiliano Salini, dove va Forza Italia?
«I risultati ci dicono che siamo un partito in difficoltà che deve rinnovarsi, nei volti, nel modo di comunicare, riadattando principi e valori a idee compatibili con questi tempi».
La nuova segreteria regionale, di cui lei fa parte, va in questa direzione?
«Questo rinnovamento deve essere attuato e anche Berlusconi vuole andare in questa direzione. Salini si colloca in questo solco. Il tema non è l'etichetta che hai sulla porta. Abbiamo bisogno di persone che mettano da parte l'orgoglio e lavorino insieme. Fare il numero uno di quelli che non contano nulla, a cosa serve?».
Ma la difficoltà di Forza Italia è solo un problema di impegno o linguaggio?
«Il nostro leader si chiama Berlusconi, resta il migliore, ma non siamo più in grado di aggregare i consensi di 5-6 anni fa, e altri leader si sono affacciati. Nel risultato delle europee vedo il suo risultato, ma c'è bisogno di incrementarlo con uno sforzo collettivo. Ci sono tante energie, io ringrazio Salini ma non mi siedo su questo alloro, non cerco posti al sole. Inizia una fase di competizione - spero entro l'autunno - su tutte le cariche, e spero emerga una figura che possa interpretare le esigenze anche di una nuova comunicazione. Poi Berlusconi deciderà».
C'è ancora un Paese disposto a sentire queste idee?
«Oggi la società è velocissima. Prendiamo il messaggio meno tasse, ha un deficit di credibilità perché abusato. Questo deficit lo vediamo nel dato dell'astensionismo, che sta al 45%. Quello è il nostro bacino. La gente vuol tornare ad avere speranza, la politica deve essere credibile e con idee sostenibili. Sta finendo il tempo delle promesse ad minchiam, come diceva Franco Scoglio».
La vostra gente c'è ancora ma non vota più?
«C'è e aspetta una proposta organica, dalla natalità alla scuola al lavoro, con la persona al centro. Noi siamo i popolari».
Il centrodestra esiste?
«L'alleanza può esistere, il nostro obiettivo deve tornare ad esserne il perno. In tutto il mondo le elezioni si vincono al centro. La polarizzazione italiana è un'anomalia, ma non penso che gli italiani siano impazziti. Chi si astiene? Il centrista, o meglio: chi vive del suo, non chiede aiuti. Gli elettori dc avevano l'orizzonte di un miglioramento sociale, oggi la mobilità sociale è per pochi, eppure è legata alla speranza. Se manca, resta la rassegnazione, l'assistenzialismo. Salini interpreta bene questo tema: gli interlocutori sociali».
E Giovanni Toti?
«Non voglio polemizzare. Rispetto chi è andato a Villa Torretta e i vuol dare un contributo. Ma non credo alla strategia. Ricevo un compito? Mi occupo di quello. Le regole. Toti dica cosa vuol fare. Invece continua a rilanciare creando occasioni di scontro. Sembra che frema per la voglia di rompere.
Invece occorre lavorare, non per rafforzare le proprie posizioni, per candidarsi alle regionali o alla Camera, ma per aumentare i nostri consensi, per allargare, per ritrovare la sintonia con quelli che aspettano. Aspettano noi».
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