Mimmo di Marzio
La farsa va in scena nel suo luogo più idoneo, un teatro. Anzi la piscina di un teatro, il Franco Parenti. Oggi alle 14 Dario Franceschini, ministro della Repubblica con delega alla cultura, si precipita a Milano per dare il suo contributo alla campagna elettorale di Giuseppe Sala nell'incontro diretto dalla regista Andrèe Ruth Shammah intitolato «Milano, la città della cultura». Uno spettacolo che ha più di una nota stonata. La prima domanda è perchè mai un ministro chiave italiano, anzichè occuparsi di studiare nuove strategie per rendere finalmente competitivo il turismo culturale del Belpaese, impieghi il suo tempo (il nostro) a tenere bordone a un candidato per il voto amministrativo. Qualcuno dirà: anche Berlusconi veniva a fare la campagna a sostegno della Moratti. Verissimo, ma l'ex premier lo faceva in qualità di segretario di partito e capo della coalizione di centrodestra. Altra nota stonata è il titolo dell'assise elettoralistica: «Milano, la città della cultura». In che senso? Sala, spalleggiato dal ministro Franceschini, spiegherà idee e progetti agli astanti del centro balneare, i quali probabilmente sarebbero più rassicurati dal sapere chi, come e quando ripianerà il buco di cento milioni di euro lasciato in eredità dal successo di Expo. Franceschini, che finora si è dimostrato ministro efficace e volenteroso (ha lanciato l'«art bonus» e ha riformato la gestione dei musei statali nominando veri direttori), potrebbe invece rendere utile a tutti la sua venuta spiegando al candidato sindaco che cosa «non fare», qualora conquistasse l'agognata poltrona. Per esempio non dare seguito alla sbandierata «continuità» con la gestione Pisapia che, su queste tematiche, verrà ricordata soprattutto per aver defenestrato l'unico assessore che aveva idee e competenze, oltre che riconoscimento internazionale: Stefano Boeri. Prima o dopo il comizio al Parenti, Sala farebbe a sua volta bene a puntualizzare e fornire spiegazioni su che cosa sia oggi la «città della cultura» sotto la Madonnina. Una città della cultura che, al netto di brillanti operazioni di carattere meramente privato - come Gallerie d'Italia, Fondazione Prada, Hangar Bicocca, Fondazione Trussardi - naviga da anni senza timone e senza meta. Gli effetti sono sotto gli occhi tutti, o quantomeno sotto quelli dei fruitori della città della cultura. A cominciare dalla programmazione artistica di Palazzo Reale, ormai praticamente appaltata a società di produzione esterne che confezionano un calendario di mostre chiavi in mano e di facile appeal. Per il resto, si recita il de profundis di quei pochi spazi espositivi che pure ebbero passati gloriosi. Come il PAC, l'unico Padiglione d'arte contemporaneo della città che ha ormai completamente abdicato al suo ruolo, esponendo mostre rare e mediocri (quest'anno durante la fiera d'arte Miart e la settimana del design era drammaticamente vuoto). Franceschini, a cui si deve la nomina del manager canadese James Bradburne alla testa di Brera, potrebbe spiegare a Sala che anche a palazzo Marino servirebbe un gesto di forte discontinuità affidando la cultura a direttori in grado di portare identità e risorse. Emblematico in tal senso il caso del Museo del '900 il cui direttore, Marina Pugliese a cui era stato affidato anche il neonato Mudec, si è trasferito negli Stati Uniti e risulta in aspettativa prorogabile fine a... cinque anni. E mentre l'Arengario langue, il Museo dell'Ansaldo è senza dubbio la grande occasione mancata di questa giunta, che per tentare (con scarso successo) di attirare visitatori si affida al solito schema delle mostre blockbuster (da Mirò a Barbie), sulla falsariga di Palazzo Reale. Meriterebbe miglior sorte anche la Galleria d'Arte Moderna di via Palestro che, malgrado gli sforzi della conservatrice Paola Zatti, è povera di visitatori e manca perfino di una caffetteria. A dir poco schizofrenica anche la situazione sul versante musicale. Nei giorni scorsi, appena in tempo per la fine della legislatura, il sindaco Pisapia ha annunciato l'avvio della ristrutturazione del teatro Lirico, ribattezzato la «Scala di tutti». Sul suo futuro aleggiano però non pochi interrogativi, vista e considerata la gestione del teatro Arcimboldi, dato in appalto ai Pomeriggi Musicali e in affitto a società di produzione di musical e spettacoli commerciali.
Quanto ai progetti di Sala sulla cultura a Milano, sarebbe auspicabile che non comprendano voli pindarici come la mostra Arts & Food prodotta per Expo e costata sei milioni di euro compreso il cachet faraonico per il curatore Germano Celant. Triennale si aspettava 4 milioni di visitatori e invece fu quasi un flop.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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