Cronaca locale

Salvini nelle periferie. E sceglie il Gratosoglio per battezzare gli eletti

L'incontro con deputati e senatori milanesi: "Gli altri festeggiano, noi siamo sempre qui"

Salvini nelle periferie. E sceglie il Gratosoglio per battezzare gli eletti

Anche Milano ha le sue «Vele». Non sono come quelle di Scampia, ma hanno la forma di parallelepipedi bianchi da quindici piani, scrostati sul lato umido e ingialliti dove batte il sole. Al Gratosoglio sono una decina e alla base di uno di questi c'è un centro di assistenza sociale, in cui anche la domenica mattina il via vai è continuo: si cerca un lavoro, un documento, un aiuto per ottenere una casa. La vittoria della Lega alle elezioni si festeggia qui: nell'infinita via Dei Missaglia, dove la provincia comincia molto prima del cartello che la segnala, dove i tram del centro, come il 3, fanno capolinea e dove la città non è più, già da qualche chilometro, il modello che le riviste raccontano. «Non è casuale che non siamo andati a brindare al ristorante di Cracco in Galleria. Noi siamo la Lega e facciamo una scelta diversa: ripartiamo dalle periferie dove la gente tocca con mano quali sono i problemi da risolvere in questo Paese». E questo è Matteo Salvini, che in un tour post elettorale che va da Lamezia Terme a Bolzano, dedica «due ore» a Milano per «ringraziare gli elettori».

L'incontro è la solita ovazione con maratona di selfie, ma questa volta ci sono deputati, senatori e consiglieri regionali che prima non c'erano: «Facciamo un applauso ai milanesi che hanno votato in maniera chiara. Ma, mentre altri incassano il voto stando a casa e aspettano di entrare in Parlamento, noi siamo qui» precisa, nel discorso fatto da un pulpito improvvisato in un ristorante neanche troppo popolare di via Lelio Basso. «Vengo da Rosarno, dove alcuni ragazzi calabresi mi hanno chiesto di poter lavorare lì senza dover andare via dalla loro terra: per me è una grande soddisfazione». E qui, nella platea dell'osteria milanese parte un «Bravo!». Poi si capisce il perché: quando alla fine dopo il classico «viva la Lega!» accenna una frase in dialetto meneghino: «Adess se magna e se bev» e qualcuno dal fondo, con inconfondibile accento calabro ribatte: «Dovevamo portare la soppressata». Periferia anche questa, dove gli operai meridionali oggi hanno un motivo in più per votare Lega.

Si intuisce che il programma di Matteo Salvini oggi va oltre, con un messaggio importante: ora che le si è conquistate, nelle periferie non basta essere presenti, bisogna saperle connettere tra loro. Il compito del segretario è livellare il disagio e raccoglierlo, a qualunque latitudine si trovi. Cucire le ferite con uno stesso filo. Il metodo? Un banchetto in ogni mercato, soprattutto dopo elezioni. Perché quella del creare avamposti ai confini delle città (e delle società) «non è solo una strategia», garantisce Fabrizio Cecchetti, coordinatore provinciale del Carroccio, già vicepresidente al Pirellone e ora eletto a Roma, «ma qualcosa che senti dentro: il nostro è sempre stato un movimento popolare e oggi facciamo presa anche su categorie che prima non ci premiavano». Per esempio? «Tutti quelli che il Pd ha dimenticato. Perché in Brera uno stupro come quello di via Chopin lo leggi solo sui giornali, qui lo vivi». Il risultato è che nei collegi uninominali, fatte alcune eccezioni, il 4 marzo il centrodestra ha vinto: «Igor Iezzi, ad esempio, è stato eletto deputato con quasi 8 punti di scarto a Quarto Oggiaro».

E il verde ha superato il blu a Milano di decine di migliaia di voti: «Ne abbiamo presi 115mila, raddoppiando il risultato rispetto alle comunali», avverte Cecchetti, guardando già alle amministrative.

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