Poche parole sussurrate agli amici «Per fortuna è finita» è il commento dei famigliari di Maria Angela Granomelli, alla notizia della cattura del suo assassino. Nessun richiesta di condanna esemplare, nessuna maledizione solo parole di ringraziamento per tutti, in particolare per l'amico Mirko che con la sua taglia ha forse smosso in maniera decisiva le acque. Per il resto, il marito Giorgio e i figli Vittorio e Samantha Proverbio rimangono chiusi, come hanno sempre fatto in questi giorni, nel più stretto riserbo.
È stata accolta con un sollievo dunque la notizia della cattura di Alex Maggio, 32 anni, reo confesso dell'omicidio della commerciante di bigiotterie di Saronno. La notizia è stata comunicata ai famigliari chiusi dal 3 agosto nella loro villetta di via IV Novembre a Uboldo, paesino a due passi da Saronno. Famiglia di gran lavoratori, titolari anche di una segheria e di una concessionaria automobilistica. Il «Dono di Tiffany» era poco più che un hobby per Maria Angela, 62 anni, di cui si era anche stancata. Ancora pochi mesi poi l'avrebbe ceduta per dedicarsi ai nipotini. Invece sabato 3 agosto attorno alle 18 ha aperto al suo ultimo cliente.
L'assassino era a Saronno per caso, doveva prendere un'auto a noleggio per passare tre settimane in Puglia. La vettura sarebbe stata pronto di lì a un'ora e si era messo a passeggiare per la città, fermandosi con lo sguardo sulle gioie in vetrina dal «Dono di Tiffany» decidendo di dare un'occhiata in vista di un regalo da fare alla fidanzata. Poi il tentativo di rapina, la donna reagisce, lui inizia a colpirla: «Continua a gridare e io a colpire. Ho smesso quando ha smesso lei». Perché era morta. Alex poi prende qualche gioiellino e scappa. Va a ritirare la vettura e il giorno dopo parte per la Puglia. «Mai letto un giornale, mai visto un tv, mai collegato a internet. Non sapevo di averla uccisa. Sapevo di aver commesso un brutto gesto e in questi giorni ho costantemente pensato di costituirmi». Poi il rientro a Bollate, nel condominio che condivide con la compagna.
Gli investigatori avevano però da tempo il suo nome nell'elenco dei sospettati, in quanto uno dei tanti intestatari di cellulari agganciati sopra il negozio. Un paio di segnalazioni di vicini di casa, che credono di averlo riconosciuto nelle immagini trasmessa da giornali e tg, hanno però abbreviato le indagini. Sorvegliato discretamente al suo rientro, gli viene preso il dna con un trucco per confrontarlo con quello dell'assassino. Mercoledì in tardo pomeriggio dal Ris di Parma arriva la conferma e pochi minuti dopo i militari suonano alla porta. Il tempo di entrare in caserma a Saronno e arriva la confessione con un paio di precisazione: «Non ero partito per fare una rapina, non volevo uccidere, è stato un raptus». Dichiarazioni che potrebbe indurre il suo legale Carlo Alberto Costa a chiedere una perizia psichiatrica.
Aspetti che non sembrano ora interessare la famiglia Proverbio: «È stato un periodo di dolore, speriamo di aver ora un po' di pace» confida Samantha agli amici che non intende entrare in nessuna polemica, nemmeno sulla taglia offerta dal gruppo Compro Oro Mirko, un amico di famiglia «Non so se sia stata utile o meno, ma lo ringrazio in ogni caso». Poi il desiderio di far cadere il silenzio su tutta questa tragica storia.
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