Sassu, il maestro sardo che raccontava Milano

Aligi Sassu, artista, pittore, scultore, grafico, illustratore, ma anche ciclista, esploratore, scenografo e tanto tanto altro ancora nasceva il 17 luglio di cento anni fa, a Milano. Molto milanese è la sua storia, un'avventura umana lunga 88 anni (Sassu morì proprio il giorno del suo compleanno, nel 2000). Impossibile ripercorrere le variegate attività dell'artista, che la Fondazione Crocevia di Alfredo e Teresita Paglione omaggia ora con una serie di iniziative tra cui la donazione all'Università D'Annunzio di Chieti di cento opere grafiche originali di Sassu e la pubblicazione del volume "Concilio Vaticano II di Aligi Sassu" con testi di mons Loris Francesco Capovilla, segretario di Papa Giovanni XXIII. Alfredo Paglione, gallerista e mecenate, amico di Sassu (sposò la violoncellista colombiana Teresita, sorella di Helenita, moglie dell'artista) promette poi altre iniziative per tenere viva la memoria del maestro.
La storia di Sassu, madre di Parma e padre di Sassari, è legata a doppio filo a Milano: è da qui che l'artista parte, giovanissimo, 16 anni appena, per partecipare alla sua prima Biennale. Chi lo ha chiamato? Marinetti. Sassu è vicino ai milanesi del Futurismo, poi si accosterà al gruppo Novecento, poi a Corrente. Ma la vita da maudit non fa per lui: Sassu, complice un padre che fu fondatore del Partito Socialista Italiano, è uomo d'azione e fin da subito utilizza l'arte per esprimere il suo dissenso nei confronti del regime fascista. Mal gliene colse: conoscerà da vicino le segrete di San Vittore, dopo la condanna, nel '38, a dieci anni di prigionia (e a non poter più dipingere). Dei primi anni in cella, tra San Vittore, il Regina Coeli e Fossano, restano i tanti disegni con cui riempiva gli album che riusciva a trovare in giro. La Storia cambia, e Sassu è lì a seguirla: nel '44 immortala su tela “I martiri di Piazzale Loreto“ (ora alla Galleria d'Arte Moderna di Roma) e ancora una volta è Milano al centro della scena. Ma Milano è anche la Scala e allora non si possono non ricordare il lavoro di Sassu come scenografo dei grandi enti lirici: curioso del mondo, appassionato di cultura e di viaggi, Aligi Sassu amava sperimentare.
Difficile stabilire oggi, a dodici anni dalla sua morte, l'ambito in cui meglio si espresse: certo, la pittura, ma anche le illustrazioni, come quelle, ad acquarello, dei Promessi Sposi. E poi ancora il mosaico, la ceramica. Milano deve a Sassu - per merito della Fondazione che porta il suo nome - la recente nascita del cosiddetto “Parco delle sculture“ davanti al Nazionale, in piazza Piemonte. Qui dallo scorso maggio, grazie a un accordo con il Comune, hanno trovato spazio tre grandi sculture del maestro milanese: “Il cavallo di Maia“, “Il dio Pan è morto“, “Il grande ciclista“. Ecco, il ciclismo. L'altra grande passione di Sassu, che seguiva il Giro anche come illustratore per le pagine del Corriere della Sera. Non è un caso se una delle sue opere più note resta ancora oggi il grande dipinto con “I ciclisti“, del '31.

Artista poliedrico, uomo dalla profonda religiosità (come testimoniano molte delle sue opere e gli intensi cicli di illustrazione delle Sacre Scritture) ma anche innamorato del viaggio e dell'avventura: Aligi Sassu è al fianco di Walter Bonatti nella spedizione in Amazzonia per raggiungere il Salto Angel, la cascata più alta al mondo. Generoso e disponibile, Sassu mise tutti d'accordo quando, all'artista dal cognome sardo e che amava girare il mondo, fu conferito l'Ambrogino d'oro.

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