Scandalo rimborsi per Lega e Pdl E ora nel mirino finisce la sinistra

Epilogo peggiore la breve vita del consiglio regionale eletto dai lombardi nel 2010 non poteva averlo. Un consiglio già dimissionario, travolto dagli scandali che hanno investito la Giunta e l'assemblea del Pirellone, viene raggiunto ieri dall'ondata di avvisi di garanzia spiccati dalla Procura della Repubblica. Ventidue consiglieri di Pdl e Lega vengono accusati di avere utilizzato i rimborsi regionali per le proprie spese personali: come accadeva in Lazio, in Emilia Romagna, in Piemonte. Nessuno nei mesi scorsi, mentre le inchieste si abbattevano su altre regioni, poteva sperare che la Lombardia rimanesse immune da rivelazioni analoghe. Ma la quantità di soldi pubblici rastrellati (oltre due milioni di euro, secondo i calcoli dei pm) e la spudoratezza di alcune spese superano previsioni e immaginazione.
Ai ventidue consiglieri già raggiunti dall'invito a comparire, che saranno interrogati a partire dalla settimana prossima, se ne aggiungeranno presto degli altri: diciotto (tra cui Renzo Bossi, figlio di Umberto) sarebbero già iscritti nel registro degli indagati; e nuovi nomi si aggiungeranno inevitabilmente quando la Guardia di finanza avrà esaminato i conti dei partiti rimasti finora fuori dalla retata, come il Pd, che solo ieri ha ricevuto l'ordine di esibizione della propria contabilità interna. Chi ha letto le carte dell'indagine parla di un malcostume quasi generalizzato, dove si ha a volte la sensazione che i consiglieri dimentichino di usare soldi dei contribuenti e utilizzino il sistema dei rimborsi come una sorta di bancomat personale.
A scavare su questo versante, il procuratore aggiunto Alfredo Robledo è arrivato partendo da tre indagini aperte nel corso dell'ultimo anno che hanno portato la magistratura a scavare negli affari della Regione. Sono le inchieste a carico di Davide Boni, ex presidente leghista del consiglio regionale, e degli ex assessori del Pdl Franco Nicoli Cristiani e Massimo Buscemi, nel corso delle quali erano emersi alcuni episodi di rimborsi disinvolti. Poi una serie di interrogatori e di intercettazioni hanno convinto Robledo e i suoi pm di non trovarsi di fronte a casi isolati ma ad un sistema. Il 10 ottobre la Guardia di finanza aveva ordinato ai gruppi consiliari di Pdl e Lega di consegnare l'intera documentazione dei rimborsi spesi. In meno di due mesi, l'analisi della montagna di ricevute e di scontrini ha confermato in pieno i sospetti dei pm. Solo pochi esponenti del Carroccio e del centrodestra restano fuori dalle accuse.
Tra gli avvisati non compare nessun assessore della vecchia giunta Formigoni, verosimilmente perché i canali di rimborso delle spese erano diversi.

E non compare nessun esponente delle sinistre, i cui conti verranno consegnati alle fiamme gialle solo nei prossimi giorni. Se i tempi di analisi saranno gli stessi, prima delle elezioni del 17 febbraio potrebbe arrivare un'altra «botta».

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