«In questo giorno quasi vuoto perché di nomi importanti ci sono solo io, qualcuno ha preso l'aeroplanino ed è volato a Parigi saltando la mia sfilata». Ieri Armani apriva la consueta conferenza post sfilata senza fare nomi. Ma si intuiva che del suo cahier de doleances era protagonista la fedifraga per di più recidiva Anna Wintour, la temuta direttrice di Vogue America.
«E la Camera cosa fa per proteggere la moda italiana? Io ne sono diventato socio di recente, ma se si continua così faccio in fretta anche a uscirne. Perché devo essere penalizzato e veder partire una signora che comunque, la si ami o la si odi, ha il suo peso? Ma forse ho peso anch'io» esplodeva re Giorgio aggiungendo che non si buttano via mesi di lavoro e che è giunto il momento di stabilire almeno dei turni in calendario. «Chi deve essere presente alla mia sfilata non può mandare i suoi collaboratori: è come andare da un dentista di fama e trovare il suo assistente».
Insomma il nostro stilista più celebre è semplicemente furibondo e si dice anche perplesso per il messaggio che stilisti e giornali danno della moda. «La tendenza a spettacolarizzare fa sì che a settembre la gran parte di ciò che si vede in passerella non arrivi nei negozi. Ho molto rispetto per il lavoro dei suoi colleghi riconoscendo che alcuni sono anche bravi a trasformare il défilé in uno show, ma con questo si perde il valore del vero rinnovamento. Nessuno ha il coraggio di dire che la moda italiana non deve essere uno specchietto per le allodole ma una bandiera della nostra cultura e della nostra identità» concludeva, osservando che mentre gli italiani perdono, per inseguire lo spettacolo, quella personalità che li ha resi grandi, altri copiano.
Come fa Giada, brand di proprietà cinese che espone nella sua boutique di via Montenapoleone vistiti identici a quelli che lui disegnava dieci anni fa. «Ci siamo parlati subito dopo la sfilata, lui era tranquillo, dobbiamo ragionare sul calendario e trovare soluzioni. Sono convinta che le troveremo» ci dice Jane Reeve, il nuovo amministratore delegato di Camera nazionale della moda italiana. E sarà bene. Ne è convinto anche Giuliano Pisapia che per la prima volta assiste tranquillo al défilé. «Mi sembrava importante esserci sia per me sia per la città» dice mentre noi ribadiamo che per la moda bisogna fare molto visto che è il nostro petrolio. «Per il petrolio ci sono state delle guerre ma per la moda dobbiamo impegnarci per aumentare l'attenzione verso Milano» aggiunge, ricordando che Renzi è comunque ben disposto visto che da sindaco ha dimostrato di avere a cuore il settore.
Bisogna anche fare di più per trattenere la grande stampa internazionale fino all'ultimo giorno. Noi suggeriamo una fashion week a impatto zero, cosa che non fa né Parigi con 8 giorni di sfilate né New York con 9.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.