«Serravalle, mai ricevuto offerte da Penati»

«Serravalle, mai ricevuto offerte da Penati»

C’eravamo tanto amati. E non era molto tempo fa, quando Gabriele Albertini e Filippo Penati filavano d’amore e d’accordo. Anzi, firmavano d’amore e d’accordo un patto senza lieto fine per governare insieme la Serravalle, gallina dalle uova d’oro che gestisce l’autostrada per Genova e le tre tangenziali milanesi. Foto di un libro dei ricordi già sbiadito, dopo il colpo pre-ferragostano con cui l’ex sindaco dell’ex Stalingrado d’Italia ha ricoperto d’oro il socio privato Marcellino Gavio, messo in cassaforte un altro 15 per cento di azioni e si è autoincoronato, nemmeno fosse Carlo Magno la notte di Natale dell’800, imperatore delle autostrade.
Oggi volano gli stracci. E Albertini, sedotto e abbandonato, prende carta e penna. Passo felpato, ma lancia in resta va alla guerra. «Caro Filippo», l’incipit tutt’altro che formale a ricordar con malinconia il tempo che fu. O, forse, il futuro che non sarà. Penati si prende del bugiardo e mentre prepara le valigie per la vacanza in Scozia, incassa l’annuncio che Albertini lo trascinerà in tribunale. Parti invertite, questa volta. Il centrosinistra a Palazzo Marino subisce in silenzio lo smacco (le azioni ormai valgono poco più che carta straccia). Toccherà al sindaco bussare a Tar, Corte dei conti, magari al tribunale civile. «I nostri legali sono già al lavoro», aveva anticipato al Giornale.
L’epistolario, dunque. Albertini va con ordine e parte dalla lettera con cui Penati lo «informa» dell’acquisto (238 milioni di euro) delle azioni. «Avevo peraltro già appreso la notizia dalla stampa - si rammarica il sindaco - e con non poca sorpresa in quanto, nello spirito del Patto di sindacato tra noi stipulato lo scorso dicembre, mi sarei aspettato per lo meno una Tua preventiva informazione al riguardo». Punto primo.
Punto secondo, non è vero che Penati ha comprato da Gavio perché il Comune si è rifiutato di vendere. «Mi corre l’obbligo - prosegue - di smentire quanto da Te dichiarato agli organi di stampa circa un presunto “rifiuto netto” da parte del Comune di vendere la propria partecipazione nella Serravalle. Il Comune non ha ricevuto dalla Provincia nessuna quantificata offerta di acquisto e tanto meno per la somma di 270 milioni di euro, come invece da Te dichiarato alla stampa». Affermazione, questa sì, che non teme smentita. «Ove fossi in errore, Ti invito, dopo avermi inviato copia formale dell’offerta, a renderla pubblica. Ho piuttosto eccepito sul metodo proposto: trattativa diretta ed esclusiva anziché in concorrenza con altri eventuali acquirenti, pubblici e/o privati». Poi il passaggio che disegna i progetti per il futuro. «L’accertamento, nelle competenti sedi, della legittimità dell’acquisto da parte di Asam e dei processi decisionali che lo hanno realizzato, con riferimento alla sussistenza dell’interesse pubblico sottostante».
Tribunale, dunque, per decidere sulla legittimità dell’operazione e per eventualmente capire se sia il caso di far entrare anche Asam (nel cda i «sestesi» Giordano Vimercati e Antonino Princiotta, capo di gabinetto e segretario generale di Penati), la società in mano alla Provincia che prima si occupava di acque e oggi, con una sola «m» in più, miracolosamente anche di autostrade, nel patto di sindacato.

Difesa a oltranza, infine, del presidente Bruno Rota. «Finché resta valido il Patto di sindacato, il presidente della società non può essere messo in discussione né tanto meno sostituito unilateralmente dalla Provincia». Per chiudere solo gelidi «cordiali saluti».

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