Seveso, consulenze e bugie. Sempre più ombre su Sala

Gli extracosti di Palazzo Italia dovevano essere coperti da sponsor. E il manager resta vago sugli incarichi senza gara per 185 milioni

Seveso, consulenze e bugie. Sempre più ombre su Sala

Non sa o non ricorda molte cose Giuseppe Sala. C'è chi ironizza su una candidatura a sindaco «a sua insaputa». Il commissario Giuseppe Sala ha rivelato solo due giorni fa, messo alle strette dai consiglieri comunali di opposizione e anche della maggioranza (fatti salvi i renziani che hanno a cuore la sua corsa alle primarie) che i 27 milioni di euro destinati alle opere anti-Seveso sono stati utilizzati invece per coprire gli extracosti del Padiglione Italia, schizzati in corso d'opera da 63 a 92 milioni. Allora sia il manager Expo che la presidente Diana Bracco assicurarono che la cifra sarebbe stata coperta dagli sponsor. E invece. Ironia della sorte, giusto domenica scorsa, alla vigilia della famosa commissione sul bilancio dell'Esposizione a Palazzo Marino, Sala era in zona 9, la più colpita dalle esondazioni negli anni passati. E da candidato sindaco prometteva di «andare avanti sull'emergenza Seveso, non si deve perdere neanche un giorno nella realizzazione del piano di sistemazione delle acque». Gli assessori Marco Granelli e Pierfranceco Maran, supporter del manager alle primarie, ieri hanno assicurato che «ovviamente risorse ulteriori sono ben accette sia per futuri interventi, sia per le azioni previste nel Contratto di fiume per migliorare la qualità delle acque, ma non sono necessarie per il piano contro le esondazioni condiviso da Comune, Governo e Regione, che è già integralmente finanziato». Peccato che sembrava salva fino all'ultimo anche la riqualificazione della tranvia Milano-Limbiate, invece i circa 60 milioni di fondi previsti sono sfumati, il governo a novembre li ha dirottati sul post-Expo.

Troppe domande senza risposta. E il presidente del consiglio comunale Basilio Rizzo, tra i più critici su Expo, continua a chiedere conto dei 161 milioni investiti dal Comune «solo su Expo», senza citare Arexpo (proprietaria dei terreni) che ne ha cubati quasi altrettanti. Il patrimonio netto è attivo e ammonta a 14,2 milioni ha ribadito Sala in commissione. «Come diceva Totò - ironizza Rizzo - è la somma che fa il totale, bisogna avere tutte le voci per arrivare al patrimonio attivo». E quella finalmente presentata dal manager sugli ingressi rivela che 5,4 milioni di visitatori, in pratica il 25%, sono entrati la sera col ticket da 5 euro. «Vuol dire - traduce Rizzo - che un quarto del nostro investimento su Expo è servito un grande luogo di divertimenti con ristoranti e locali che hanno guadagnato molto, ma quando i padiglioni erano chiusi. Non era la nostra finalità. Con 161 milioni avremmo ristrutturato 10mila alloggi sfitti». Anche Regione, anticipa Roberto Maroni, andrà «agguerrita» all'assemblea dei soci fissata venerdì, «ho visto documenti con crediti di decine di milioni». Difficilmente si saprà tutto sulle consulenze dirette ai professionisti che hanno lavorato per Expo. Il caso dell'architetto De Lucchi, che ha ristrutturato anche la casa al mare di Sala e ha ricevuto un incarico da 110mila euro dalla spa e da mezzo milione da Fiera, ha fatto scalpore. Ma Sala dice di «non sapere» a quali progettisti si sono affidati gli enti a cui ha dirottato fondi senza gara per un totale di 185 milioni. Una parte corposa, 45 proprio a Fiera, 15 a Triennale, 17 all'esercito, 70 al Comune, 37 alla Regione, 16 a Itaferr.

Non un'amnesia ma una bugia (come rivela oggi il Giornale) la spiegazione fornita da Sala per aver usato gli uffici Expo per un incontro elettorale con la comunità ebraica. Nessun imprevisto, era fissata lì da giorni. ChiCa

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