Che succede al Nord? Quanto regge il Nord, cosa farà il Nord? Se lo chiedono in molti, dopo la svolta della Lega, che si è spostata su posizioni sovraniste e al governo ha portato avanti misure di stampo assistenzialista come il reddito di cittadinanza (insieme ai 5 Stelle che ne era l'artefice) e anche una linea incerta in tema di autonomia e infrastrutture, vedi la tanto dibattuta Tav.
Adesso, qualche risposta su ciò che politicamente potrà accadere al Nord comincia ad arrivare. E comincia ad arrivare da chi il Nord lo conosce bene. Primo fra tutti l'ex governatore lombardo Roberto Maroni, che ieri ha rilasciato un'intervista a proposito di una nuova forza politica a trazione «nordista». «Si può essere sovranisti e insieme autonomisti e ad oggi quest'area non ha un reale interlocutore» ha detto l'ex governatore ed ex ministro, tra i fondatori della Lega, intervistato da Repubblica. «Non ha più senso parlare di centrodestra, con un'area moderata e una populista - ha detto - esiste solo un'area sovranista e al suo interno c'è spazio per una componente centralista e un'altra autonomista». «La Lega è il partito egemone - avverte Maroni - . Ma i ceti produttivi sono presenti soprattutto al Nord e hanno bisogno di una rappresentanza particolare». «Il mio auspicio è che l'avanzata della Lega serva a rafforzare le risposte necessarie per la questione settentrionale e non il contrario».
Sulle parole di Maroni, sollecitato dal Giornale interviene anche Gianni Fava, che di Maroni è stato assessore e di Salvini avversario alle primarie della Lega nel maggio del 2017 - non sono passati neanche 2 anni - ottenendo un discreto risultato peraltro nel voto dei militanti milanesi. «Si sente la mancanza di un partito liberale e laico del Nord. La gente ce lo chiede in continuo ormai. Prima o poi sono convinto nascerà - dice l'ex assessore, che resta membro del Consiglio federale della Lega ed esponente della sua anima indipendendista - Non so per opera di chi, ma sono certo succederà e lo scenario politico sarà destinato a cambiare di nuovo. Per adesso conviene completare la battaglia per la prima fase di autonomia. Con o senza i partiti. Con la gente del Nord e senza intermediazioni. Sul modello catalano». «In tanti - prosegue - guardano a contenitori politici apartitici in questo momento. Si spiega così il successo crescente, fra molti militanti della Lega Nord e non solo, della rete 22 ottobre. Un'organizzazione che non vuole diventare cartello elettorale ma che vuole incidere sulla opinione pubblica partendo dai milioni di cittadini lombardi e veneti che il 22 ottobre 2017 sono andati in massa a votare per chiedere autonomia».
«A quelli - conclude Fava - non piace il reddito di cittadinanza e spesso faticano anche a digerire battaglie come quella per quota 100. Lì dentro ci sono i ceri produttivi del Nord che cercano nuove forme di rappresentanza».
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