La signora che «bucava i quadri»

La signora che «bucava i quadri»

È nel 1959 che, grazie alle memorabili stroncature di una sua mostra, Dadamaino assurge per la prima volta agli onori della cronaca. Di fronte alle sue opere, esposte presso la Galleria Brera di Milano, i quotidiani dell'epoca rimarcano sarcastici che «ormai anche le donne bucano i quadri». Già dal 1958, Lucio Fontana è diventato per lei un indispensabile punto di riferimento: anche lei, infatti, come l'autore dei «Concetti spaziali», ha deciso di «bucare la tela perché l'infinito passa di lì, dai fori, e vi passa anche la luce», quindi «non c'è alcun bisogno di dipingere».
Il '58 è l'anno da cui ha inizio la prima ampia retrospettiva che la città di Milano dedica a Dadamaino dalla sua scomparsa, avvenuta nel 2004. Fino al 29 giugno la Galleria del Gruppo del Credito Valtellinese, in corso Magenta 59, proporrà un'ampia silloge di lavori che documentano tutte le stagioni di questa artista appartata, ma allo stesso tempo cruciale, una figura di snodo tra l'epilogo della stagione dell'informale e l'avvento delle avanguardie concettuali.
Nel '58 Dadamaino, al secolo Eduarda Emilia Maino detta Dada, è una ventottenne che non si è ancora laureata in medicina, frequenta assiduamente il bar Jamaica e annovera tra i suoi amici Piero Manzoni, Agostino Bonalumi ed Enrico Castellani.
Di lì a poco parteciperà insieme con loro alla fondazione del gruppo Azimuth, dedito a riformulare il concetto di spazio in pittura, ma comincerà anche a guardare con interesse alle ricerche di matrice optical. Le sue prime opere, i «Volumi», saranno appunto tele disseminate di fori, di lacerazioni dalla forma atipica e tendenzialmente oblunga, ma dai contorni perfetti. Poi verranno gli studi sulla percezione compendiati nel ciclo dei «Componibili», le incursioni nell'inconscio che porteranno alla creazione dell'«Alfabeto della mente», fitto di segni minuti e compulsivi, le tramature più rarefatte delle splendide «Costellazioni». In parallelo a questo percorso, svolto in un arco di tempo che va dagli anni sessanta agli ottanta, ci saranno il femminismo e l'impegno politico, i successi (altalenanti) di mercato e quelli (più costanti) di critica, le mostre internazionali e le partecipazioni alla Biennale di Venezia (all'interno della quale avrà persino due sale personali, nel 1980 e nel 1990).

Per quanto esteticamente impeccabili, i lavori di Dadamaino non saranno mai puri virtuosismi formali: nelle sue fluide e ritmiche composizioni, questa artista irrequieta cercherà di riepilogare «I fatti della vita» e «Il movimento delle cose», come si intitolano alcune imponenti opere esposte nella mostra curata, presso la Galleria del Credito Valtellinese, da Flaminio Gualdoni e Stefano Cortina, in collaborazione con l'Archivio Dadamaino.
In occasione di questa retrospettiva, verrà anche pubblicato un ampio catalogo con testi introduttivi dei curatori e di Elena Pontiggia.

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