La sinistra «mugugna» e sta con Beppe

Parola d'ordine far quadrato ma sui social festa per la fine del renzismo

Federica Venni

L'incontro è di quelli di corrente: i contenuti prima di tutto, il bollino da mettere a poche ore dall'assemblea nazionale e a due settimane dalla batosta del referendum, e una voce da schiarire in vista di un eventuale congresso. Ma all'evento «Può nascere un fiore» organizzato da SinistraDem (l'ala del Pd dei non renziani dialoganti) al teatro Franco Parenti, a tenere banco, tra chi prende posto in platea e chi si beve un caffé al bar, è l'affaire Beppe Sala, con inchiesta e temporanea «assenza» al seguito.

Se venerdì era stato soprattutto il Pd renziano a far quadrato intorno al sindaco, ieri, al coro di chi, - meglio tardi che mai - si è scoperto garantista, si sono uniti il resto dei dem e SinistraXMilano. La linea è una: visti i tempi che corrono, meglio tenersi stretto Sala. E, soprattutto, Milano deve dare l'esempio: la caciara degli scontri fra correnti va lasciata a Roma. Così, dall'organizzatore dell'evento, il deputato Francesco Laforgia ad un granitico Pierfrancesco Majorino il ritornello è sempre lo stesso: l'autosospensione - poi trasformatasi in breve assenza - è un atto di rispetto nei confronti dei cittadini, il sindaco è una persona onesta e noi siamo con lui.Il più sintetico è un Filippo Penati che si presenta, a sorpresa, a metà pomeriggio. Di avvisi di garanzia e indagini finite nel nulla lui ne sa qualcosa e a chi gli chiede di dare un consiglio al sindaco risponde perentorio: «Stiamo parlando di un'ipotesi investigativa che non sta in piedi. La risposta di Sala è la risposta di un uomo per bene offeso nel suo amor proprio e ci sta. Ora pero' si prenda anche la responsabilità che i milanesi gli hanno affidato». E mentre in platea parte il toto scommesse sui tempi di rientro dalle ferie forzate, Pierfrancesco Majorino punta tutto sulla tenuta: «Sono assolutamente certo che ne uscirà bene». E dal palco: «Non dobbiamo mai dimenticarci la tensione verso la questione morale e la cultura della legalità. E a Milano questo lo dimostreremo anche in queste settimane». Quando poi Francesco Laforgia manda il suo saluto a Sala e puntualizza che «noi sosteniamo il gesto di Beppe», dal pubblico partono gli applausi.

Ma non è tutto oro quello che luccica: che il punto da tenere in pubblico sia questo è un dato di fatto. Come è un fatto, però, lo scontento della base. Perché un conto è mostrarsi garantisti e stringersi attorno al sindaco di una città che al momento è uno dei pochissimi risultati che la sinistra ha portato a casa dalle amministrative al referendum, un conto è affrontare una questione politica che lacera. Perché quel Beppe Sala che ora si trova in difficoltà, politica più che giudiziaria, molti lo hanno digerito come un boccone amaro. Come, cioè, lo scotto da pagare per non consegnare la città al centrodestra. E allora su Facebook, tra i militanti, la musica è diversa e i mugugni si fanno sentire. «Lo avevamo detto che non andava candidato, si sapeva che un avviso di garanzia sarebbe saltato fuori e ora la città è ostaggio di questa vicenda». Qualcuno, addirittura, festeggia: «sta cadendo l'ultimo simbolo del renzismo, evviva». Ora la corrente un po' di lotta e un po' di governo ha, da un lato, una bella gatta da pelare nel tenere insieme l'elettorato, ma dall'altro ha a portata di mano l'occasione per dare una spallata al renzismo milanese.

Perché nonostante Majorino sostenga che Sala «non uscirà assolutamente indebolito da questa vicenda», è chiaro che il pd renziano ora ha meno carte da giocarsi e che quel «modello milano» sbandierato a destra e a manca potrebbe iniziare a pendere un po' più a sinistra.

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