Coronavirus

Sos dei medici ai milanesi: "Troppi in giro, state a casa"

Carugo (S. Paolo): "L'unica arma è il distanziamento". Cecconi (Humanitas): "Ci aspettano settimane dure"

Sos dei medici ai milanesi: "Troppi in giro, state a casa"

Loro sono sempre lì in trincea, cercando di far quadrare i conti anche quando non tornano. Anche se medici, infermieri, operatori sanitari si ammalano o finiscono in quarantena ogni giorno a decine, azzerando di fatto il personale di turno, i reparti Covid e non, rimangono aperti. All'Asst Santi Carlo e Paolo, infatti, le attività diagnostiche e ambulatoriali vanno avanti, così gli interventi. «Stiamo facendo - racconta Stefano Carugo, Direttore della Cardiologia del San Paolo - uno sforzo mostruoso per tenere insieme tutto, sia la parte Covid che quella non Covid. Continuiamo a fare esami, visite e controlli per un totale di 25 pazienti al giorno, e addirittura gli interventi sia ordinari che urgenti. Cerchiamo di curare tutti al meglio, peccato che questo sforzo non sia assolutamente riconosciuto. I pazienti sono arrabbiati, se capita, come può ovviamente capitare, che qualcuno contrae il virus in ospedale è subito pronto a fare causa, non si rendono assolutamente conto del miracolo che compiamo ogni giorno nel riuscire a non bloccare l'attività ospedaliera in un momento del genere. Ci accusano di occuparci solo di Covid, anche se palesemente non è così. Altro che eroi, siamo finiti nel mirino della rabbia dei cittadini».

Oltre il danno, la beffa. Carugo, che è anche responsabile per la Lombardia della società italiana di cardiologia, vive a Monza: «Il tragitto Monza Milano lo faccio ogni giorno, come centinaia di cittadini il che spiega la diffusione del contagio in Brianza, ma continuo a vedere troppe persone in giro. Solo un mese fa invocavo un vero lockdown: il distanziamento sociale, ovvero l'isolamento, è l'unica arma che abbiamo per contenere l'epidemia. Ma sembra che i lombardi questa volta non vogliano capire e soprattutto non siano disposti a fare alcun sacrificio».

«Le prossime 2 settimane saranno dure per noi medici, con un aumento dei ricoveri sia negli ospedali che nelle terapie intensive, ma guardando a cosa accade in Europa anche in aree molto colpite come il Belgio si vede che si può arrivare di nuovo al picco e poi la pressione scenderà. Fino a quel momento dobbiamo lottare, noi negli ospedali e i cittadini aiutandoci a contenere l'infezione» annuncia Maurizio Cecconi, responsabile dell'Anestesia e Terapie intensive dell'Istituto Humanitas di Rozzano. «Spero che non arriveremo al lockdown generale, ma non è da escluderlo. Le misure adottate ci stanno dando fiducia perché vediamo un trend di rallentamento sull'infezione», sottolinea. In questo momento sono circa 700 i ricoverati in terapia intensiva per Covid, su mille posti. «Possiamo ancora aumentarli ma per farlo dobbiamo fermare altre attività cliniche e questo non è giusto per gli altri malati perché noi dobbiamo prenderci cura di tutti. La strategia vincente - conclude - non è salire con il numero delle terapie intensive, ma contenere il contagio nella comunità». «State a casa» è l'invito che arriva da Stefano Carugo, da Maurizio Cecconi e da gran parte del mondo scientifico, anche per evitare un lockdown totale. «Le misure più stringenti hanno solo pochi giorni. Ha senso adesso, oltretutto in presenza di segni di flessione della curva, invocare un lockdown totale?» invita alla calma Paolo Spada, chirurgo vascolare dell'Humanitas.

Continuano a salire i contagi, con un picco a Varese (3081), quasi la stessa cifra del Milanese (3.336, di cui 1.339 in città) e uno a Como (1.356). In tutto il territorio regionale si contano 10.955 nuovi positivi, 38 ricoveri in più in 24 ore nelle terapie intensive che portano a 708 i letti occupati e 268 nuovi pazienti ricoverati negli altri reparti per un totale di 6.682.

Si registrano anche 129 decessi.

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