(...) essere irrilevanti, condizione che non accetto. A Milano dovremmo prendere il 20-25 per cento o non vale la pena di impegnarsi».
Questa risposta ha il sapore di un aut aut.
«Beh sì, serve una riflessione».
Ci sono dei municipi, come il suo, dove Forza Italia è andata bene.
«Mi piace pensare, e penso anche ai municipi 2 e 9, che dove governiamo i cittadini ci apprezzano. Al contrario bisogna fare una riflessione approfondita sui municipi 1 e 3 dove il distacco dal Pd e dal centrosinistra è schiacciante».
Alcuni esponenti del partito parlano della necessità di elezioni per coordinatori e dirigenti, tramite congressi o primarie. Come la vede?
«Per 25 anni ci siamo affidati al miracolo elettorale di Berlusconi, ma è arrivato il momento per noi di imparare a prendere i voti dal territorio. Dobbiamo cominciare ad assumerci le nostre responsabilità. Non solo, in un contesto del genere l'organizzazione di partito deve diventare qualcosa di contendibile per tutti. Con un meccanismo di massima apertura».
Sul modello delle primarie del Pd, per intenderci?
«Esattamente: aperte agli iscritti, ma anche e soprattutto a chi non è tesserato, alla gente comune. Il consenso si prende fuori, per le strade, nei mercati, non certo nelle hall degli hotel. Ultimamente il partito ha preso l'abitudine di organizzare convention chiuse, ma è inutile parlarsi tra di noi, bisogna uscire per convincere e coinvolgere la gente comune».
Una delle critiche interne al partito è che non sia accettato il dissenso...
«Più che altro non esiste un luogo fisico dove poterlo esprimere, dove potere guardare negli occhi i dirigenti e confrontarsi».
Poi c'è un tema di rappresentanza: dalle partite iva alle imprese, dell'associazionismo al mondo cattolico...
«Si è perso completamente il contatto con il mondo produttivo: non siamo più percepiti come interlocutori delle categorie. Abbiamo smesso di offrire all'elettorato una prospettiva, siamo disabituati a governare e siamo diventati il partito della protesta e non della proposta. Ci manca in sostanza la capacità di formulare una proposta di governo alternativa».
Venendo alle comunali, come bisognerebbe procedere secondo lei?
«Pretendo che l'elezione dei coordinatori avvenga dal basso. E dobbiamo ripartire dagli eletti: abbiamo eletti e militanti generosi e straordinari protagonisti di una nuova proposta politica. Bisogna trovare cinque idee di riqualificazione e rilancio per ogni municipio per riprenderci il ruolo di amministratori che propongono soluzioni. Così si avrebbero 45 idee concrete con cui presentarsi in campagna elettorale. Come ho già detto, credo che dovremmo formare un governo ombra per marcare a uomo Sala e i suoi assessori, che segua temi specifici e che spieghi ai milanesi cosa non funziona in città».
Forza Italia sarebbe in grado di esprimere un suo candidato? Addirittura di andare da sola?
«Certamente di esprimere un suo candidato, anche perché, per dirla senza giri di parole, Milano non è una città leghista, ma ama il pragmatismo. Detto ciò è logico presentare un centrodestra compatto, la sfida è dura».
Mancano poco più di due anni...
«Siamo già in ritardo. È necessario eleggere il coordinatore a settembre e in autunno scrivere il programma per il 2021. Nel modo più condiviso possibile».
Marta Bravi
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