Le statue del Duomo rinascono in technicolor

Le statue del Duomo rinascono in technicolor

«Se potessi colorerei la facciata del Duomo. L’anima degli esseri e delle cose è luce, colore». Se potesse vorrebbe la chiesa di Santa Maria Annunciata in Camposanto con una cupola a cielo aperto Massimo Petrini, l’autore della mostra «La prima famiglia. La rivelazione del colore nel Duomo di Milano», presentata ieri dall’arciprete della Cattedrale e realizzata in collaborazione con la Veneranda Fabbrica del Duomo. «E’ un’occasione di richiamo per i visitatori - ha detto monsignor Luigi Manganini - per comprendere meglio attraverso la narrazione biblica la storia della Salvezza che Dio dispiega nella storia degli uomini».
Con una particolare tecnica pittorico-digitale l’artista ha portato su tela trentasette soggetti ispirati ad altrettante scene scolpite sul marmo di un monumento unico nella sua sacralità, che con la sua presenza testimonia l’apertura «europea» di Milano. «Il Duomo non ha avuto un architetto italiano, non è nato dalla creazione di un Michelangelo - ha specificato lo studioso d’arte romanica Andrea Bondanini -. Per la prima volta, e il caso è rimasto poi isolato nel nostro Paese, dei cittadini si sono riuniti. Hanno convocato ingegneri tedeschi per poi finanziare di tasca loro la chiesa della città. I Visconti non hanno messo soldi in questa meraviglia la cui costruzione è durata secoli. Allora i meneghini erano più poveri di ora, e non c’era Monti, eppure sono stati capaci di costruire con convinzione e sacrificio questa bellezza».
Una bellezza catturata nella forza monocromatica dell’espressività marmorea. Ora nell’esposizione della piccola chiesa di Santa Maria in Camponsanto in piazza del Duomo 18 scene come «Davide e Golia», «Daniele e i leoni», «I gemelli» escono dalla tonalità bianco-grigia della materia e si colorano di rosa carne, azzurri, gialli e rossi, come se la loro anima sotterranea emergesse in un nuovo cielo, macchiato da eserciti nuvolosi, luminescenze, spazi pieni d’angeli cobalto e rosa.

Il Duomo s’affranca dalla sua natura esclusivamente materica, che affida alle volute della forma il colpo d’occhio, per approdare ad una preziosità cromatica da miniatura. Cosa direbbero i milanesi se la facciata fosse dipinta? «Io accetterei la sfida - ha commentato Petrini -. E ancora per una volta sarebbe la gente di Milano ad intervenire sull’estetica della sua Cattedrale».

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