Giù le mani da Milano. L'uscita di mercoledì sulla rimodulazione del progetto «Strade sicure» del Ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha messo in allarme istituzioni e sindacati di polizia. Se, infatti, al primo step di riduzione dei contingenti di militari Milano non era stata toccata, Milano non era stata toccata, il secondo passo è previsto per giugno e su questo fronte nè il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese nè il ministro Guerini hanno dato esplicite indicazioni sul destino che attende la nostra città. Se cioè le divise saranno ritirate da Milano. Così ne Prefettura nè Questura hanno ricevuto comunicazioni ufficiali. Nessuna garanzia dunque, se non la certezza che la sicurezza e il presidio del territorio rischieranno di essere messi gravemente in crisi dalla ritirata delle divise.
Daniele Vincini, dirigente del Sulpl, il sindacato della polizia locale lancia l'allarme: «Sguarnire i presidi fissi, il controllo ai varchi di piazza Duomo, le ambasciate, i punti sensibili come la Darsena o la Stazione rischia di compromettere gravemente il controllo del territorio e delle strade. È evidente che l'esigenza rimane, così come l'allerta terrorismo e saremo noi agenti a dover tornare a coprire questi servizi, abbandonando le strade. A questo si aggiunge il fatto che non arriveranno nemmeno in tempo le assunzioni dei 500 vigili promessi». Il 26 aprile ci sarà la prova orale del concorso: abilitati 400 aspiranti agenti, che verranno in parte bocciati. «Quanti vigili potranno prendere servizio?» si chiede Vincini. È noto come le forze di polizia locale siano sotto organico, così gli agenti della polizia di stato.
Non solo, i militari svolgono un importantissimo ruolo di deterrenza rispetto alla criminalità e accrescono la percezione di sicurezza, oltre che rappresentare un valido supporto alle altre forze di polizia, come è avvenuto durante l'aggressione in Stazione Centrale. «Noi non abbiamo come ruolo principale quello della sicurezza - ricorda Vincini - ma di polizia stradale, anche per questo non ci vengono riconosciute le indennità di pubblico servizio o la tutela legale in caso di aggressioni, eppure ci troviamo a occuparci di sicurezza e sarà sempre più così in futuro, con i rischi connessi».
Stesso discorso per la polizia di stato, come fa notare Mauro Guaetta, segretario generale del Coordinamento per l'Indipendenza Sindacale delle Forze di Polizia: «Abbiamo sempre ritenuto i militari utilissimi per il presidio del territorio. Con quali agenti ora ci potremo dedicare al controllo della città, se ci toccherà anche il presidio dei punti sensibili?». Anche perché il piano di rinforzi annunciato dal ministro Lamorgese prevedeva l'arrivo di 200 agenti su Milano, a prescindere dai trasferimenti: in sostanza gli aumenti si riducono al massimo a 50 unità. «Servirebbero effettivamente altri 150 uomini» - continua Guaetta.
Critico il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana che dichiara di «non condividere la decisione del ministro Guerini di ridurre la presenza dell'Esercito. La sicurezza percepita va alimentata e non diminuita. Continuo a sostenere - prosegue Fontana - che la presenza dei militari sia sempre e comunque un deterrente verso chi vuole compiere un reato. Il numero delle Forze dell'ordine sul territorio va aumentato e non ridotto». «Cade dal pero» uno sgomento sindaco Beppe Sala: «Non ne sapevo nulla, non ne eravamo stati informati quindi vorrei capire prima il senso di questa operazione.
Sono se mai sorpreso del fatto che non ci sia stato dato avviso prima perché è una cosa delicata». A rinfrescargli la memoria l'assessore lombardo alla Sicurezza Riccardo de Corato: «L'annuncio del ministro Guerini non è una novità. Le decisioni sulla questione Strade Sicure erano state già prese a febbraio».
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