Divide, scandalizza, imbarazza, delude. L'iniziativa organizzata dal collettivo Macao per la Festa della Donna non è piaciuta alle compagne milanesi, ma non solo. La performance collettiva dell'«ana suromai» che vedrà tutte le partecipanti alzere contemporaneamente la gonna per mostrare la vagina in piazza Duca d'Aosta, suscita reazioni diverse nelle politiche, di destra e di sinistra. Tranne che in un paio di casi, «su le gonne» viene bollata come provocazione inutile e fine a se stessa. In sostanza la performance non ha niente a che vedere con la lotta per la difesa dei diritti delle donne e del loro corpo.
Carmela Rozza, assessore alla Sicurezza del Comune (Pd), un passato da femminista e anarchica nella sua Sicilia crede che «la lotta per l'affermazione dei diritti delle donne abbia altri metodi che non mostrare lo stesso corpo. L'iniziativa non è nemmeno comprensibile da quella fascia di donne in difficoltà, che non arrivano nemmeno alle seconda settimana del mese e che avrebbe bisogno di un aiuto concreto». Insomma, roba da radical chic, organizzata da chi non si pone il problema di mettere insieme il pranzo con la cena. «Non solo, mi ha lasciato senza parole - la stoccata finale di Rozza - il silenzio assoluto dei centri sociali alla notizia dell'arresto dell'aguzzino somalo autore di decine di violenze sessuali nel campo profughi in Libia». «Così non si sottolinea certo il rispetto per il corpo delle donne. È un'iniziativa troppo forte e troppo esagerata» per Elisabetta Strada consigliere comunale della Lista Sala. «Si rischia addirittura di distruggere l'obiettivo della giornata dell'8 marzo». Secondo Marilisa D'Amico ex consigliere comunale Pd, avvocato, tra i primi studiosi di diritto costituzionale ad occuparsi di pari opportunità e di discriminazioni di genere, «la performance rischia di essere controproducente rispetto al lavoro che stiamo facendo sull'immagine del corpo della donna e sulla sua strumentalizzazione». La fondatrice del progetto Vox, osservatorio sui diritti di genere, ha organizzato per l'8 marzo in Statale un seminario di studi dal titolo «Un'immagine differente. L'impatto della comunicazione sessista sulla parità di genere».
Preferisce non commentare Cristina Cappellini assessore alla Cultura in Regione (Lega), mentre la titolare all'Urbanistica Viviana Beccalossi (Fdi) bolla l'iniziativa come «una provocazione bella e buona, per di più organizzata da un soggetto che vive nella illegalità. Mi auguro che queste donne vengano denunciate per atti osceni in luogo pubblico e che il centro sociale venga immediatamente sgomberato». Due pesi e due misure per le compagne: «Non mi risulta che Macao si sia mosso alla notizia della sentenza di Trento che consente di mercificare il corpo della donna usandolo come contenitore di figli a pagamento» ricorda Beccalossi. «È scandaloso che venga consentita questa iniziativa, francamente penosa - attacca Silvia Sardone, consigliere comunale (Fi) -. Macao è da tempo un'entità illegale coccolata dalla sinistra». Inneggia, invece, alla forza della provocazione Rosaria Iardino, ex consigliera comunale Pd ora Democratici e progressisti, esperta di diritti civili: «Dal profondo del cuore credo che qualsiasi cosa possa essere utile per smuovere la situazione va bene. In un'epoca in cui in Italia si compie un femminicidio ogni due giorni e la maggior parte delle aziende che deve sacrificare personale lascia a casa le donne, bisogna cambiare le cose. Dispiace solo che le mobilitazioni avvengano solo l'8 marzo». Così Anita Pirovano, capogruppo di Sinistra per Milano: «Bene venga l'ana suromai per portare alla ribalta dell'agenda politica i temi urgenti dei diritti e della violenza di genere.
Non la trovo scandalosa, un po' come quando nel '68 si bruciavano i reggiseni in piazza. Finalmente quest'anno ci sono meno mimose, meno cene di donne nei locali di spogliarellisti e più donne in piazza a fare politica».
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