Sul maxi rave a Settala il pm archivia, il Gip no. In cinque a processo

Per due giorni di delirio, distruzione e reati le persone identificate non furono indagate

Sul maxi rave a Settala il pm archivia, il Gip no. In cinque a processo

Due giorni e due notti di musica e di sballo, all'insegna della «lotta al sistema»: nel maggio di due anni fa un vecchio capannone industriale di via Bellini, a Settala, divenne il teatro di un raduno totalmente fuori controllo, un rave come quello che nei giorni scorsi a Torino ha richiamato migliaia di ragazzi dall'Italia e dall'estero. Anche a Settala piombarono un po' da dovunque, anche lì senza che le forze dell'ordine riuscissero a prevenire lo sbarco, e si decise di non intervenire per evitare guai peggiori. Ma ora si scopre che l'indulgenza è proseguita anche dopo, quando i carabinieri sono riusciti a individuare almeno cinque tra i presenti al rave e li hanno segnalati alla Procura. Dove però il pm incaricato del fascicolo non li ha nemmeno iscritti nel registro degli indagati, e ha poi chiesto l'archiviazione di tutta l'inchiesta.

La vicenda viene alla luce ieri, perchè viene depositato il provvedimento con cui il giudice preliminare Guido Salvini respinge la linea soft della Procura e ordina di indagare e mandare a giudizio i cinque identificati: quattro italiani e una ungherese, presenti per loro stessa ammissione al raduno di Settala.

L'inchiesta era stata aperta contro ignoti con le ipotesi di devastazione, deturpazione e occupazione abusiva. Nel suo provvedimento il giudice Salvini descrive nei dettagli il trattamento riservato al capannone, dove i proprietari erano rientrati alla fine del rave e «avevano rilevato gravissimi danni: le porte erano state abbattute e sfondate, l'intero impianto elettrico e di riscaldamento era stato asportato, i pavimenti danneggiati, demoliti tutti sanitari con le relative rubinetterie, distrutte le porte interne tagliafuoco e i motori delle attrezzature che servivano per il carico, danneggiata la centrale antincendio e tutti i locali tecnici e gli apparati in essi contenuti. Inoltre tutte le pareti perimetrali interne ed esterne erano state imbrattate con scritte e manifesti e in tutta l'area era stata abbandonata spazzatura con presenza diffusa anche di escrementi umani». I muri esterni ed interni erano tappezzati da manifesti e scritte aggressive nei confronti delle forze dell'ordine e di strutture considerate repressive (Più sbirri morti, Digos boia, 10 100 1000 Nassyria, A fuoco i Cpr ), contenenti minacce nei confronti di politici del centro destra (Spara a Salvini)».

I carabinieri rilevarono le targhe di numerose auto e camper, ma «l'indagine è stata sostanzialmente abbandonata dagli inquirenti e si è conclusa con l'identificazione di solo cinque giovani.

E si sarebbe potuto risalire anche ai promotori attraverso le immagini del sito del gruppo antagonista, La Bolla, che ha organizzato e ampiamente pubblicizzato il Rave party con il blog con profili pubblici e tutte le indicazioni sull'evento». Ma ormai è tardi. E a processo, per il solo reato di occupazione abusiva, andranno unicamente i cinque già identificati.

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