Va bene l'«identità zigana», fino a quando non entra in contrasto con la legge. Con questa motivazione il Tar della Lombardia ha respinto il ricorso che dodici nomadi, tutti appartenenti alla medesima famiglia, avevano presentato contro lo sgombero forzato del loro accampamento in via Selvanesco, tra il Vigentino e Gratosoglio. Dopo avere comprato l'area, la famiglia Gogu l'aveva trasformata in un accampamento a base di camper dove adulti e bambini vivevano in condizioni igieniche degradate. Quando il Comune aveva ordinato ai rom di sgomberare l'area, la matriarca Nicoleta Gogu e un'altra decina di esponenti del clan avevano presentato ricorso al Tribunale amministrativo. E anche quando il Comune, visto che le roulotte restavano tranquillamente al loro posto, ha provveduto direttamente a liberare i terreni, la famiglia Gogu aveva insistito nel ricorso, anche per evitare che il Comune mandasse loro il conto dell'operazione di pulizia.
Ma ora i giudici del Tar danno torto ai nomadi su tutta la linea. Il tribunale ricorda come già il 27 settembre 2013 l'Asl avesse compiuto un sopralluogo in via Selvanesco rilevando la «totale assenza dei requisiti minimi di vivibilità per le persone insediate nell'area, tra cui diversi minori» e la «contestuale presenza di rifiuti eterogenei ed organici con probabile infestazione di ratti». Dopo il rapporto dell'Asl, il Comune aveva ordinato lo sgombero sottolineando come «la destinazione urbanistica a verde agricolo escluda la possibilità di attuare interventi di regolarizzazione degli insediamenti abitativi presenti», dando cinque giorni di tempo agli abusivi per provvedere.
I rom avevano impugnato il provvedimento chiedendo come uno sgombero avrebbe migliorato le condizioni di vita degli abitanti, visto che la rimozione delle roulotte avrebbe avuto l'effetto di «lasciarle prive di una sistemazione e in condizioni precarie a vagare per le vie di Milano». E il Comune veniva accusato di avere ignorato la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, «violando il diritto all'abitazione, stanziale o nomade che sia». «In assenza di reali ragioni di igiene», la rimozione delle roulotte si sarebbe ripercossa «non solo sulla violazione al rispetto del domicilio, ma intaccherebbe anche il diritto a conservare l'identità zigana e a condurre una vita private e familiare ad essa conforme».
Alla fine di gennaio 2014, il Comune era intervenuto direttamente. Intervento legittimo, dice ora il Tar.
«Non si può trasformare in abitazione o addirittura in un insediamento - uno spazio inedificato, in contrasto pressoché con qualsiasi disposizione, da quelle in materia ambientale, a quelle urbanistico edilizie, a quelle igienico sanitarie, pretendendo poi di permanere nella situazione d'illegalità, in forza di un irretrattabile diritto all'abitazione, ovvero di un indefinito diritto a conservare l'identità zigana, il cui mantenimento non è in questione, finché non contrasti con le norme». Quanto al diritto alla casa, il Tar ricorda che venne offerto un alloggio a tutti: e la proposta venne accettata soltanto da sette persone.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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