Polo blu, jeans, scarpe da ginnastica, sguardo smarrito e manette ai polsi. Pietro Tatarella ha partecipato ieri mattina all'udienza davanti al tribunale del Riesame. Poche ore dopo i giudici hanno deciso la sua scarcerazione. Per l'ex consigliere comunale di Forza Italia sono stati disposti i domiciliari.
Già nel pomeriggio sono stati avvertiti i genitori del politico, che sono andati a prenderlo nel carcere di Busto Arsizio e lo hanno accompagnato a casa. Tatarella era stato arrestato il 7 maggio scorso nell'ambito di un'inchiesta della Dda su una rete di tangenti, appalti pilotati e finanziamenti illeciti che portò all'emissione 43 misure cautelari. Era quindi detenuto da tre mesi e mezzo, fino al 14 agosto si trovava a Opera. Erano stati i legali dell'ex consigliere, gli avvocati Nadia Alecci e Luigi Giuliano, a discutere l'istanza di revoca della carcerazione o almeno di una misura cautelare meno afflittiva. «Non ho mai creduto - ha dichiarato Tatarella davanti ai giudici - di essere vittima di una inchiesta politica. Mi sono dimesso da consigliere proprio per tenere ben distinti il piano politico e quello giudiziario e intendo difendermi nelle sedi opportune». Le motivazioni del Riesame, che ha accolto parzialmente il ricorso, saranno note tra qualche giorno. È però verosimile che la Corte abbia constatato che le esigenze cautelari si siano in questi mesi attenuate. La Procura, rappresentata in aula dal pm Adriano Scudieri, aveva ribadito il parere negativo alla scarcerazione.
Tatarella è accusato di corruzione, associazione per delinquere e finanziamento illecito. Nella memoria difensiva i legali chiedevano che la prima ipotesi accusatoria (l'unica per cui erano ancora validi i termini della custodia cautelare) venisse «esclusa» oppure «riqualificata» in traffico di influenze illecite. Si tratta di un reato meno grave della corruzione, che non prevede la custodia cautelare in carcere. Lo stesso cambio di imputazione alcuni giorni fa ha portato alla revoca dei domiciliari per un altro indagato, il consigliere regionale di Fi Fabio Altitonante. Per la difesa di Tatarella, «ciò che concretamente gli viene contestato è di aver fatto da ponte tra D'Alfonso e figure politiche e pubblici ufficiali». La memoria affronta infine le condizioni di detenzione cui è stato sottoposto il politico, «mantenuto per oltre due mesi in regime di alta sorveglianza», con una sola ora d'aria e senza la possibilità di accedere ad esempio alla biblioteca. Poi si è passati alla «media sorveglianza» e il 14 agosto al trasferimento a Busto Arsizio, «inspiegabilmente» e «senza alcun avviso formale» ai difensori.
«La psiche già minata» di Tatarella, si legge, dalla lunga scarcerazione e dalla lontananza dalla famiglia, in particolare dal figlio piccolo che non ha più visto, è stata messa ancora più a dura prova dall'essere trasferito. «Temiamo per la tenuta psicologica», scrivevano i legali nel chiedere la scarcerazione, dell'ex consigliere.
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