Il testimone dell'omicidio Gucci «Io, dimenticato dalla giustizia»

Giuseppe Onorato è l'unico ad aver pagato per quel «fattaccio» di via Palestro. Perché? Per quella colpa d'essere per caso sulla scena di un delitto, di diventare all'improvviso preda di un killer, d'avere un nome comune, Giuseppe Onorato: quella colpa si paga dieci milioni di vecchie lire di tasca propria. Ed è la più tangibile e assurda ingiustizia al cospetto delle umiliazioni subìte in diciotto anni dal custode, che la mattina del 27 marzo 1995 vede a un metro di distanza l'assassinio di Maurizio Gucci in un palazzo milanese di via Palestro, restando a sua volta vittima di due colpi d'arma da fuoco sparati da Benedetto Ceraulo, l'omicida che fugge convinto d'avere eliminato anche quel signore qualunque fino ad allora senza colpa, che mezz'ora prima aveva pulito le scale e spazzato via le foglie secche davanti all'entrata in cui l'erede dell'impero Gucci cade, colpito vigliaccamente alla schiena da quattro proiettili. Mezz'ora prima del 27 marzo '95 il portiere era un milanese tranquillo, oggi, febbraio 2014, è ancora un uomo arrabbiato perché il risarcimento di 200 milioni promessogli alla prima udienza del processo non è mai arrivato, non solo ma lui ha continuato a spendere soldi per curare la sua ferita che gli ha lasciato la mano sinistra quasi inservibile.
Il 16 settembre 2013, l'avvocato di Giuseppe Onorato dice: «Ora tutto è finito», commentando così davanti all'ex custode l'uscita da San Vittore, dopo sedici anni di carcere, di Patrizia Reggiani Gucci, mandante dell'omicida dell'ex marito e che ora ha un lavoro: fa bijoux da Bogart. «Sì, tutto è finito all'italiana - commenta Giuseppe Onorato -. La nostra giustizia, ovvero i tribunali, gli avvocati, ma soprattutto la signora, che non definirò mai Gucci, mi hanno sempre ignorato. Per loro non esisto. Un giorno la madre della signora disse di me in televisione: «Quell'uomo si trovava al posto sbagliato, nel momento sbagliato» e stavo facendo solo il mio lavoro quotidiano. La signora non ha pagato nessuno. Dice d'essere nullatenente, ma i soldi ce li ha. Riceveva 600 milioni all'anno dopo la separazione da Gucci e si vantava di spenderne 15 solo per mettere i fiori in casa».
Dopo il «fattaccio» Giuseppe Onorato e la moglie Rosangela Savoldi vanno a vivere in un appartamento a Gandellino, nel bergamasco in Val Seriana, luogo originario di Rosangela. «Quella donna non pagherà nessuno. L'avvocato mi ha detto che, avendo adesso un lavoro dopo essere uscita da San Vittore, non potrà tirarsi indietro. Non ci credo. Sono un ex militare e fin dal primo momento ho fatto il mio dovere di testimone, fornendo a chi me lo chiedeva i particolari di un assassinio che ho sognato per anni nei miei incubi». Ma l'incubo da cui non ci si risveglia è la realtà, in cui Onorato si sente oppresso da logiche che non hanno nulla di umano, perché le leggi e le regole non bastano a ristabilire un equilibrio nelle cose, ci vuole una coscienza di cittadini e cittadine che questo popolo non ha.

«Cosa mi devo aspettare da una donna che ha fatto uccidere l'ex marito? Per me ha simbolicamente sparato anche alle sue figlie, perché se progetti di elimare l'uomo con cui hai concepito, uccidi anche i suoi bambini. Ho un'invalidità del 40 per cento, vorrei sapere quale invalidità alla fine ha subìto quella donna, di cui non riesco a pronunciare il nome».

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