Stefano Boeri è il nuovo presidente della Triennale di Milano. Ieri pomeriggio il nuovo consiglio di amministrazione ha nominato all'unanimità l'archistar alla guida della Fondazione.
Quali sono le priorità della Triennale?
«Si è guardato molto all'internazionalizzazione della Fondazione, riprendendo una strada che era stata abbandonata una ventina di anni fa. Un progetto pensato da Davide Rampello, e portato avanti dal mio predecessore Claudio de Albertis. La Triennale, tra l'altro, è una delle poche istituzioni culturali guidate dal Bie».
Il suo mandato sarà all'insegna della continuità?
«Certamente, si tratterà di lavorare nel solco di quanto fatto finora, mantenendo la stessa qualità, grazie a un consiglio di amministrazione di eccellenza. Ho apprezzato molto la scelta di fondare Gli amici della Triennale, un modo per allargare le attività della Fondazione alla società civile, e il nuovo rapporto con la terrazza».
Cosa pensa che potrebbe portare di nuovo?
«Ci aspettano delle nuove sfide. Penso che la Triennale come edificio abbia un valore straordinario, nel suo essere al confine tra il centro della città e il parco da cui si scorgono gli edifici della nuova Milano, Porta Volta e City Life. Credo che si potrebbe instaurare un nuovo dialogo con il Sempione, come si è iniziato a fare con il teatro Burri e con le istituzioni che vi si affacciano: Penso al l'Arena, al Piccolo Teatro, al Dal Verme».
Come pensa di intensificare il rapporto con la città? Benché il Palazzo dell'Arte sia molto frequentato, ha una vocazione specifica che per certi versi può intimorire.
«È vero, l'anno scorso per la Settimana dell'Architettura avevamo in cartellone una serata dedicata al rap con Fabri Fibra. Mi ricordo lo sguardo stupefatto di ragazzini di 13 - 16 anni che entravano per la prima volta. Ecco: vorrei che la Triennale diventasse ancora di più la casa dei milanesi, che diventasse un luogo ancora più aperto e ospitale. Tra l'altro l'edificio ha delle potenzialità uniche».
Expo e la campagna elettorale del centrosinistra per le comunali: il rapporto con Beppe Sala non è sempre stato sereno. Come vede la vostra nuova collaborazione?
«Il sindaco Sala è stato molto attento a questa nomina. Abbiamo discusso anche di recente di Milano, e io sono un suo estimatore. Credo che lo incontrerò settimana prossima».
Si è parlato tanto del nuovo Museo del Design, lei che opinione ha?
«Ci sono due scuole di pensiero: negli ultimi anni si sono alternate le varie collezioni, esposte secondo un tema. L'altra linea punta a un museo stabile, più tradizionale. Chi viene dall'estero vorrebbe ammirare gli oggetti che hanno fatto la storia del disegno industriale. Le posizioni sono lecite, troveremo la sintesi ».
Non crede che questa sia un'idea superata di museo?
«No, posso andare agli Uffizi dieci volte in un anno e trovare sempre qualcosa di nuovo.
Così si potrebbe ammirare per giorni interi l'Arco di Castiglioni, o certi progetti di Mari o di Munari: la sintesi perfetta di invenzione, gioia, e funzionalità. Gli oggetti sprigionano da soli la loro forza, forse bisogna creare le condizioni perché possano raccontarla».
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