La Lombardia si «rifiuta» di cedere davanti al comma 5 dell'articolo 35 del decreto «Sblocca Italia», che perpetra un malcostume non certo nuovo nel complesso discorso «rifiuti». L'immondizia del Sud Italia va bruciata al Sud, «non vedo perché noi, che siamo stati previdenti nella costruzione degli inceneritori, dobbiamo bruciare quella degli altri. In questo Paese ad essere virtuosi ci si rimette sempre?» si chiede il sindaco di Brescia, Emilio Del Bono del Pd, che ha già diffidato l'A2A bresciana dall'accogliere qualsiasi camion in arrivo da fuori provincia.
«E' una cosa piovuta dal cielo, senza confrontarsi col territorio. In questi anni siamo riusciti ad abbassare i prezzi di incenerizione e la quantità di cose da smaltire grazie ad una politica avveduta, non cederemo davanti a una mossa che è senza rispetto per le istituzioni» assicura Claudia Maria Terzi, assessore all'Ambiente regionale. Due sono i punti su cui la Regione, insieme a molti amministratori locali, come il sindaco di Dalmine sempre Pd, e quello di Trezzo del centro destra, batte il chiodo per salvare una politica ecologica costruita con precisione. Primo: nel comma 5 si va contro il principio di bacinizzazione, che è «un diritto regionale intangibile - dichiara sempre Del Bono -. La Regione ha appena rinnovato un'Aia, ovvero un'Autorizzazione integrata ambientale, sull'inceneritore di Brescia, che prevede lo smaltimento di rifiuti solidi urbani provenienti solo dalla provincia». Brescia è passata da 800 mila tonnellate d'immondizia a 720 mila, garantendo una più salutare sicurezza contro l'inquinamento. In Lombardia sono presenti 13 inceneritori sui 55 dislocati in tutta Italia. E' la presenza più numerosa; dopo la nostra regione segue l'Emilia Romagna e altre regioni del Nord come ad esempio il Friuli.
«Tutti i termovalorizzatori sono gestiti da privati - racconta Claudia Maria Terzi -. A loro conviene avere più lavoro, ma in questo modo Comuni e enti locali verrebbero svantaggiati. I complessi lombardi eliminano i rifiuti cittadini e quelli industriali. Se ci arrivassero un milione e 300 mila tonnellate da fuori, le aziende sarebbero costrette ad andare all'estero a bruciare e sarebbe una spesa in più che grava su di loro, perché i costi fuori confine sono più elevati. Anche questo è uno svantaggio in un momento di crisi per la nostra industria. Se poi il lavoro degli inceneritori lombardi lievitasse ricomincerebbero a salire anche i costi».
Il secondo principio «incostituzionale» del comma 5 è quello che va contro il limite di carico, per cui meno un incenirtore brucia meglio è. «E' una follia portare qui i camion pieni da Napoli e dalla Sicilia. Rivolgo un appello ai parlamentari di centro sinistra affinché modifichino questi due punti» dice ancora Del Bono. La cordata contro il decreto governativo è quindi bipartisan, perché mira a savalguardare un progresso ambientalista raggiunto dal territorio lombardo con tanta fatica. «Il Governo si applichi affinché i complessi del Nord vengano costruiti anche al Sud.
Se Roma non ha strutture idonee è un problema di Roma non nostro» sottolinea Claudia Maria Terzi, che ha già deciso di rivolgersi alla Corte Costituzionale, perché si va a ledere un'autonomia regionale di primaria importanza in un settore molto delicato.«Il presidente del Consiglio non può risolvere il problema con un colpo d'accetta dall'alto che penalizza le nostre teste» conclude Del Bono.
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