Va in rete il patrimonio dell'Archivio Ricordi

Dalla prima Aida di Verdi ai disegni per Bohème Su un sito 13mila documenti sull'opera italiana

Luca Pavanel

Oltre 13mila documenti iconografici da ammirare. Dopo una riuscita prima della Scala, con la pucciniana Butterfly diretta da Riccardo Chailly, per continuare a parlare di lirica non c'era miglior modo che questo: apre l'Archivio storico Ricordi in versione digitale. D'ora in poi in tutto il mondo, solo con un «clic» al computer, chiunque potrà vedere uno dei fondi più importanti della cultura italiana (dal portale www.archivioricordi.com).

Fino ad ora chi voleva studiare i materiali doveva andare nella sede dell'Archivio che è ospite della Braidense, a Milano. «La raccolta iconografica, la prima a essere resa disponibile online spiega il direttore generale dell'Archivio storico Pierluigi Ledda, racconta la genesi delle grandi opere liriche italiane e rappresenta un tassello fondamentale per comprendere l'industria creativa forgiata dai Ricordi nell'800». Sotto la lente non solo il personaggio-editore di libretti, ma pure l'uomo che a un certo punto «fu imprenditore di opere liriche», continua. Un impegno, il suo, che durerà fino agli Trenta del '900 Novecento. Poi i teatri si metteranno in proprio.

Molte le chicche da scoprire nell'archivio digitalizzato. Tra i primi materiali disponibili 400 ritratti di cantanti, compositori e artisti; la documentazione scenica per Aida di Giuseppe Verdi (dai figurini ai bozzetti per la prima europea del 1872 all'edizione art nouveau di Attilio Comelli alla Scala nel 1904; e ancora, l'allestimento postumo del Nerone di Arrigo Boito, evento del 1924 (la raccolta delle «disposizioni sceniche, annotazioni dettagliate di regia»). Ledda: «Sul web ci sono i documenti restaurati. Penso ai bozzetti del Falstaff, dove, immagini nascoste dopo i lavori di recupero, si sono potute rivedere». Ma l'operazione è solo all'inizio. L'obiettivo finale, dicono all'Archivio, è rendere gradualmente disponibile tutto il patrimonio custodito. Prossima mossa, la messa in rete di «lettere, fotografie, manifesti, libretti e partiture». Per concludere ci vorranno anni. «Tutto è partito da elementi cartacei e via via si è costruito un data base». Al momento viene data priorità ai cosiddetti «documenti unici».

«Il fondo digitalizzato è aperto a tutti ed è gratuito», tiene a precisare Ledda. Tra i più interessati, la comunità scientifica, i professionisti, i melomani e gli studenti «che così potranno approfondire i loro studi, per esempio, sulle scenografie». Ma si vuole «raggiungere anche un pubblico al di fuori della comunità di musicologi, e avvicinare le nuove generazioni al mondo dell'opera», afferma Thomas Rabe, presidente e Ceo di Bertelsmann, gruppo media proprietario della collezione. Se qualcuno poi si chiede se esistono altri archivi di questo genere oppure simili, la risposta è sì. I modelli potrebbero essere le raccolte della New York Philarmonic e della New York Public Library, la terza più grande biblioteca dell'America del Nord. Attenzione, però.

Al di là del web, appena si può una capatina di persona all'Archivio di Brera vale la pena farla. «Un luogo affascinante che viene visitato da le più diverse personalità», chiude il direttore.

Qualche nome? Top secret ma nell'ambiente operistico si parla del cantante e direttore d'orchestra Placido Dòmingo e del regista Robert Carson. Alla vigilia della prima della Butterfly sarebbe passata anche Maria Josè Siti, sulla scena Cio-Cio-San.

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